VISIONI D'IMPRESA
30 settembre 2012
Ragnetti, l’Umbria voli alto
di Remo Gasperini
“Vista dall’alto e da lontano, l’Umbria non è poi così piccola. E comunque è tanto bella”. Parola di Andrea Ragnetti, faccia da attore, fisico da atleta e testa da manager che non ha dovuto aspettare l’ultimo prestigioso incarico per volare alto. Del resto ha cominciato da giovanissimo, giocando a basket, a sollevare i piedi da terra per “spazzare” i tabelloni e infilare palloni nel canestro. Tante battaglie, iniziate con la maglia della Don Bosco, anche contro lo spoletino Roberto Brunamonti che diventerà capitano e fuoriclasse della nazionale italiana, senza paura e già con la grinta del leader. Andrea Ragnetti, 52 anni, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Alitalia CAI, ha sangue perugino che gli scorre nelle vene. Un vanto, per lui uomo di mondo, queste radici nella nobile provincia. Si racconta e ci racconta la storia di manager che di certo può dare qualche dritta alla sua Umbria che punta sempre più alla internazionalizzazione.
LE ORIGINI – “I miei genitori erano umbri, io ho vissuto a Perugia con loro dalla 5 elementare alla laurea, quindi anche se sono nato a Roma mi considero perugino al 100%. In tutti gli anni che sono stato fuori dall’Italia – 16 – ho sempre mantenuto la mia casa in centro a Perugia, i miei fratelli hanno sempre vissuto a Perugia e quindi ho sempre mantenuto legami strettissimi con Perugia ed i miei amici della adolescenza e università. Che sono tuttora i miei amici veri e più sinceri. Ho frequentato il Liceo Classico Mariotti e ho giocato a pallacanestro con il Perugia Basket e altre squadre umbre. Ho tanti ricordi, le vasche in centro da ragazzo, Umbria Jazz e i concerti meravigliosi al Frontone, le partite al Palazzetto dello Sport di viale Pellini…”
LA CARRIERA – Perugia, corso Vannucci erano e restano l’ombelico del mondo per Ragnetti che pure presto ha cercato orizzonti più vasti. Ha una data, un evento la svolta che l’ha portata alla brillantissima carriera? “Mi sono laureato in Scienze politiche a Perugia, e la prima scelta fortunata é stata quella di aver cominciato a lavorare a Roma, alla Procter & Gamble. Per farlo ho rinunciato a qualche offerta molto interessante in Umbria, ma io volevo a tutti i costi passare i primi anni della mia carriera in una grande scuola di managament. Dopo qualche anno a Roma, ho chiesto un incarico all’estero e mi hanno mandato a Lisbona da dove poi sono passato alla Benckiser a Parigi”. E questa prima esperienza internazionale l’ha voluta mettere a frutto tornando a casa… “Sì, pochi anni dopo ho deciso di tornare in Italia per cominciare una piccola attività imprenditoriale a Perugia. Questa esperienza é stata fondamentale nel mio sviluppo personale e professionale. Dopo due anni ho ricominciato la mia vita aziendale alla Telecom Italia come chief marketing officer. Quando Telecom Italia é stata venduta a Pirelli mi sono preso una pausa di mesi e l’ho usata per girare il mondo con la mia famiglia”. Poi nuovamente lontano. Nuovi incarichi, nuove esperienze… “Nel gennaio 2003 ho ricominciato a lavorare ad Amsterdam in Philips, in qualità di chief marketing officer, e membro del Group Management Committee. Il 1° aprile 2005, oltre a ricoprire la funzione di CMO di Philips, sono stato nominato chief executive officer di Philips Domestic Appliances and Personal Care ed un anno dopo membro del cda. Il 1° gennaio 2008 sono diventato Chief Executive Officer di Philips Consumer Lifestyle che rappresentava quasi il 50% del fatturato dell’azienda nel mondo. E nel settembre del 2010, dopo 8 anni in Olanda, ho deciso di prendermi una lunga pausa di 18 mesi, che si è interrotta nel Marzo del 2012, quando sono stato nominato Amministratore Delegato e Direttore Generale di Alitalia CAI”.
CERVELLI IN FUGA – Una carriera che ricalca quelle di altri manager, di altre eccellenze costrette a cercare altrove situazioni favorevoli alla sviluppo del loro sapere. Cosa si può fare per tenerci almeno qualcuno dei più in gamba? “I cosiddetti cervelli che fuggono sono attirati non tanto dai soldi e dalle cariche, ma dal desiderio di lavorare in ambienti competitivi e meritocratici, oltre che da una grande curiosità personale. Quindi la vera sfida per il paese é quella di riscoprire il valore della meritocrazia piuttosto che continuare a mantenere in vita il modello di carriera e successo costruiti sulle relazioni che é cosi fortemente radicato in Italia”.
L’IMMAGINE DELL’UMBRIA – Per non rischiare l’autoreferenzialità è indispensabile misurarsi con il giudizio di chi guarda da fuori. Dunque, come ha visto lei da lontano in questi anni l’Umbria? Come la vedono gli altri? “L’Umbria è bellissima e tutti quelli che ci sono stati hanno scoperto una regione magnifica. Tutti ne sono stati sorpresi, il che significa che potremmo fare un lavoro migliore per fare conoscere l’Umbria agli europei, per sfruttarne l’attrattività turistica. E gli umbri dovrebbero lottare per essere collegati meglio, piuttosto che essere un po’ troppo felici dello splendido isolamento...”.
USCIRE DALL’ISOLAMENTO – È dunque infrastrutturale lo snodo per la internazionalizzazione di una regione che negli anni ha perso molte delle grandi imprese familiari? “In Umbria continuano ad esserci delle straordinarie imprese familiari. Basta pensare agli Angelantoni, Cucinelli, Lungarotti, Spagnoli, etc... Certo, il loro futuro dipenderà dalla capacità di restare collegati con il mondo sia dal punto di vista delle infrastrutture (collegamenti, telecomunicazioni) che della cultura. L’Umbria é troppo piccola per poter diventare la sede di una multinazionale, ma può continuare ad attrarre investimenti e competenze moderne e di qualità se si dota di una infrastruttura seria ed altrettanto moderna e di un sistema scolastico avanzato. Bisognerebbe chiedersi come debba evolvere l’Università in Umbria e che ruolo far giocare ad istituzioni uniche come l’Università per Stranieri, per esempio. Non va dimenticato che da Palazzo Gallenga sono passati studenti di tutto il mondo che oggi sono personalità nei rispettivi luoghi di origine”.
IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI – Dunque un processo, quello della internazionalizzazione, che deve essere favorito e indirizzato dalle istituzioni… “Battersi per delle infrastrutture di qualità e per qualificare l’Umbria come possibile sede di business altamente innovativi mi sembrerebbe un buon obiettivo per la classe politica locale e le istituzioni in generale. Per esempio, anche le grandi multinazionali tendono a fare ricerca e sviluppo a rete nel mondo esterno, consapevoli che una buona idea o una innovazione di alto livello non debbono essere cercati solo all’interno dei loro reparti dedicati. Se si è innovativi e abituati a comunicare online efficacemente, si può far parte di un grande sistema anche da una regione piccola come la nostra. Per raggiungere questi obiettivi c’è bisogno di determinazione, visione a lungo termine e creatività. La Regione può ancora giocare un ruolo importante in Italia”.
INIZIATIVE – Quando si parla di creatività viene in mente la candidatura di PerugiAssisi 2019 a capitale europea della cultura? “Credo che ci sia un valore straordinario nel dare alla regione un obiettivo comune ed a lungo termine, che potrebbe dare un contributo fondamentale nel pianificare le Perugia ed Assisi del futuro cominciando col dotarle delle infrastrutture necessarie. È proprio nell’ottica di dare una mano, anche io che ho accettato di diventare membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione PerugiAssisi 2019”.
L’AEROPORTO – E qui Andrea Ragnetti deve dire qualcosa sull’Alitalia e sull’aeroporto di Sant’Egidio. Anzi, San Francesco… “Mi sembra che il cambiamento di nome sia una iniziativa intelligente. San Francesco ha una immagine incredibile nel mondo. Detto questo, confesso che Alitalia purtroppo può fare ben poco, é già un’azienda che lotta ogni giorno per sopravvivere senza aiuti esterni come nel passato. Perugia é troppo vicina a Roma per rappresentare un investimento interessante e profittevole per Alitalia. Quindi la strada dovrebbe essere quella della destinazione dell’aeroporto a target specifici e diversi, mi viene ovviamente in mente il turismo religioso, ma ce ne sono altri. Per quanto riguarda Alitalia, per ora cerchiamo di superare con meno danni possibili questo terribile 2012, poi dovremo guardare al 2013 come l’anno del ritorno al profitto operativo dell’azienda. La chiave sarà la nostra capacità di continuare a crescere profittevolmente, mentre la parte costi é già abbastanza sotto controllo. Questa é anche la mia sfida nei prossimi due anni”.
OLTRE LA CRISI – Già, la crescita. E questa sua sfida è quella dell’Europa che cerca di uscire dalla crisi. “La Euro crisi sarà ancora un tema aperto nel 2013, non ci sono ricette semplici per uscirne rapidamente. Io credo però che come in tutte le crisi ci sia, per l’Italia e per l’Europa, la possibilità di trasformarla in una opportunità di risolvere alcuni nodi strutturali fondamentali dell’economia del nostro paese e della governance della regione Europa”!