STUDI E RICERCHE
30 giugno 2012
La qualità si esalta con il giusto posizionamento
di Maurizio Pescari
Mercato dell’olio extra vergine
In una fase congiunturale come quella che stiamo vivendo, anche in Umbria il settore della produzione agro alimentare di qualità condivide generalmente un rapporto con il mercato complicato. Se per il vino è l’eccessiva produzione a rendere disomogenea l’offerta, per l’olio extra vergine, all’annoso problema legato alla mancanza di percezione della qualità reale del prodotto del consumatore finale, si unisce la difficoltà dei produttori a determinare con certezza il proprio mercato di riferimento e quindi il corretto posizionamento del loro olio.
L’analisi del mercato
Troppo spesso quando si tratta di prodotti agroalimentari con tipicità forti e qualità certificata, dove la parte agricola e di filiera completa ne caratterizza l’unicità, la grande attenzione riservata alla fase produttiva, fondamentale, è ritenuta sufficiente a garantire la vendita: si vende perché è buono. Purtroppo la realtà dei fatti dimostra che non è così. Un prodotto buono si vende se ha il suo giusto posizionamento sul mercato, questo si ottiene solo attraverso una corretta analisi del mercato stesso. Se il posizionamento è sbagliato il prodotto buono non si vende, quindi, nel caso dell’olio extravergine d’oliva di qualità, ognuno deve innanzitutto individuare il suo mercato.
Prodotto industriale e prodotto artigianale
Individuare il proprio mercato significa fare una netta divisione tra olio industriale ed olio artigianale, aggettivi che sintetizzano bene le evidenti differenze di qualità e di prezzo delle due tipologie di prodotto. Se per l’olio industriale è il mercato a determinare il prezzo sullo scaffale ed a quel prezzo tutti devono adeguarsi pena l’uscita dal mercato stesso, nel secondo caso, quello del prodotto artigianale, il prezzo diverso è frutto di costi di produzione diversi e di conseguenza, diverso dovrà essere il il posizionamento. Non è l’industria l’antagonista dell’artigiano, né lo scaffale del supermercato generalista, dove il 95% del mercato dell’olio che gira ha un prezzo tra i tre ed i quattro euro al litro. L’olio artigianale è un’altra cosa e deve tendere ad un mercato diverso. Il mercato dell’olio di qualità, dell’olio vero, oscilla tra il cinque ed il sei per cento del totale, una quota da difendere e valorizzare, all’interno della quale lavorare per incrementare la redditività del prodotto. Guai a pensare di allargare quella quota di mercato; qualora dovesse diventare appetibile, superiore al dieci per cento per intenderci, l’industria la troverebbe meritevole di attenzione, amplierebbe la propria gamma con prodotti di qualità superiore, tagliando fuori il lavoro dei piccoli produttori.
Mercato: il nostro e quello di tutti
Ambiente, storia, territorio, oliveti e cultivar rendono unica l’Umbria dell’olio vero. Mettere in sinergia tutte queste caratteristiche di unicità è l’elemento centrale intorno al quale andare a costruire il proprio mercato, all’interno del quale la qualità reale è un valore unico e l’unico segno distintivo e rende i piccoli produttori riconoscibili ed invincibili. Per essere protagonisti del mercato bisogna stare alla larga dal mercato di tutti. Le possibilità di posizionamento dell’olio extravergine umbro sono da individuare in un mercato interno, diretto o regionale ed uno esterno, nazionale o internazionale. Mercato interno, significa che il principale cliente di un produttore di olio extravergine di oliva deve essere il punto vendita del frantoio, la vendita quotidiana, la vendita alle famiglie. Se si costruisce con cura e consapevolezza questo mercato, dandogli la giusta importanza ed abbandonando l’approssimazione che molto spesso ha oggi, ogni produttore diventa padrone del proprio mercato, che controllerà quotidianamente con immediati benefici. È logico, non si deve stare sulla porta del frantoio come “cacciatori al passo”, in attesa della preda, ma organizzare la propria attività con metodo. In un momento come quello che si sta vivendo, in cui il mercato esterno è un problema molto difficile per tutti, costruire un mercato interno è una soluzione concreta di sviluppo.
Non c’è più spazio per i furbi dell’olio
L’equivoco da eliminare è legato alla consapevolezza che ogni produttore deve avere del proprio ruolo. Inutile continuare ad essere per metà artigianali e per l’altra metà finti industriali, continuando a perseguire le furbizie di cui è pieno il mondo dell’olio, essere pronti al traffico e protagonisti silenti del sottobosco oleario che è senza dubbio il principale responsabile dell’attuale stato delle cose. Ci si lamenta dei prezzi bassi dell’olio al supermercato e poi siamo noi a vendere quel prodotto all’industria. Ben inteso, ognuno è libero di essere ciò che vuole, ma senza i paraventi che nascondono l’artigiano, a parole, che in realtà opera da mezzo-industriale.
La strada nuova dalle nuove generazioni
La strada per dare una svolta alla situazione attuale, che si trascina a tutti i livelli da decenni, appare già tracciata. Anche in Umbria. Basta saper riconoscere e valutare il lavoro di decine di giovani produttori di olio, in famiglie giunte alla seconda o alla terza generazione d’impegno in questo settore, che hanno dimostrato di aver già cambiato la maniera di veder le cose. Guardano avanti senza condizionamenti, abbandonano le consuetudini e sanno fare impresa. E non solo a livello produttivo, con la raccolta all’invaiatura superficiale e l’estrazione immediata, dettagli centrali, importanti, ma che da soli non risolvono il problema. I giovani umbri dell’olio hanno capito bene l’importanza di essere padroni della loro attività, di doversi svincolare dalle consuetudini, di non dover dipendere dall’assistenzialismo, ma soprattutto di poter disegnare da soli un percorso vincente. Difendono la tipicità dell’olio umbro e si affidano con fiducia alla certificazione e si impegnano per lo sviluppo della qualità e della cultura dell’accoglienza. Questo è il nuovo mercato.
Umbria marchio di qualità
Il tempo, ha fatto della nostra regione uno scrigno indiscusso di tipicità agro alimentari. La tradizione ha fatto dell’Umbria una metà ideale per tanti turisti che uniscono l’ambiente, la storia, l’arte alla gastronomia ed alle produzioni agricole di qualità, fino a farne un’occasione di viaggio. Facendo le debite proporzioni, così come la Toscana, anche l’Umbria oggi è diventata un marchio di qualità territoriale. Nel caso dell’olio si sente sempre dire: non è buono perché buono, ma buono perché umbro. Ma il territorio non è sovrano in senso assoluto, e non esiste un prodotto agro alimentare buono solo perché prodotto in un territorio determinato. Magari una zona avrà un’attitudine maggiore alla produzione di materie prime (olive) ma da qui alla qualità finale il passo è davvero lungo. Ma se pochi ne sono consapevoli, alcuni ci giocano. Il marketing territoriale, perché di questo stiamo parlando, in certe occasioni è così forte da non rendere più fondamentale la qualità assoluta del prodotto. L’Umbria, almeno nel caso dell’olio extravergine di oliva, è così forte, che un olio per molti è buono solo in quanto umbro e molti si presentano sul mercato indicando l’essere umbro come unico elemento di qualità. Nella realtà delle cose la qualità globale sta diminuendo ed in territori simbolo dell’olivicoltura, non c’è più una qualità di prodotto garantita. Nella grande Umbria dell’olio, c’è comunque spazio per i grandi oli, anche se i giacimenti storici delle capitali dell’olio umbro stanno perdendo valore e le luci d’eccellenza non riescono ad illuminare la penombra del solito mercato.
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