STUDI E RICERCHE
25 gennaio 2019
La contesa Usa Cina: l'Aquila e il Dragone si fronteggiano
Terzo approfondimento di Antonella Jacoboni che, dalle colonne di Obiettivo Impresa, ci avvicina alla cultura e alla mentalità del Dragone cinese
di Antonella Jacoboni
Gli Stati Uniti e la Cina sono due potenze geopolitiche, economiche e commerciali in equilibrio instabile tra competizione e collaborazione. La prima è una nazione democratica, liberista e capitalista, fondata su valori cristiano-giudaici e con una cultura anglosassone; la seconda è un paese marxista, autocratico, ma orientato ad un solido sviluppo economico; la sua società è permeata di valori confuciani e taoisti. Mao Zedong (1893-1976) ha fuso il pensiero comunista con quello tradizionale cinese, e infatti in patria è considerato un politico, ma anche uno studioso taoista; il confucianesimo ed il taoismo non sono religioni, ma filosofie di vita.
New York e Shanghai possono sembrare città simili, ma la popolazione che le anima è profondamente diversa. I rapporti sociali dei cinesi sono regolati dai "riti": un complesso di norme comportamentali, di gerarchie, di formalità, di cerimonie, di gestualità che a noi occidentali sfuggono, ma che plasmano il loro modo di pensare e di agire in economia e in politica.
"L'uomo superiore è calmo senza essere arrogante; l'uomo dappoco è arrogante senza essere calmo" dice una massima di Confucio, e dunque c'è da chiedersi cosa pensino le élite di Pechino e quelle dell'area del sud est del Pacifico, di cultura mandarina, del presidente statunitense Donald Trump.
Gli Usa sono stati i vincitori della seconda guerra mondiale ed hanno governato il mondo, nonostante la guerra fredda con l'URSS, fino al 2001, anno dell'ingresso della Cina nel WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) e dell'attentato terroristico alle Torri Gemelle di New York. Le guerre in Afghanistan, in Iraq, la disastrosa crisi finanziaria del 2008, il caos in Medio Oriente a seguito del diffondersi del fondamentalismo islamico, hanno minato la credibilità del paese atlantico, rafforzando Pechino. "Chi è prudente e aspetta con pazienza un nemico che non lo è, sarà vittorioso" "il sovrano illuminato è paziente, il generale abile è avveduto" ha detto Sun Tzu nel suo saggio "L'Arte della guerra".
La globalizzazione ha aperto all'occidente enormi mercati, prima non accessibili, ma per contro paesi come Cina ed India hanno trovato spazi ancora più grandi.
In Cina nei prossimi anni circa 300 milioni di contadini si trasferiranno dalle zone rurali alle città e quindi una crescita economica duratura ed elevata è la strada obbligata per una classe dirigente comunista che voglia mantenersi alla guida del paese; l'imperativo è non creare scontento sociale. "Arricchirsi è glorioso", disse Deng Xiaoping capovolgendo il concetto marxista di povertà e ricchezza.
L'Impero di Mezzo ha ampliato la sua sfera di influenza con la diplomazia tipica degli antichi imperatori: alla penetrazione commerciale segue quella politica e culturale ed infine quella militare.
"Il buon mercante nasconde i suoi tesori e fa come se non avesse nulla. Il buon artigiano non lascia tracce. Impercettibile, quasi senza forma; misterioso, quasi senza rumore: così sei padrone del destino del nemico" dice Sun Tzu ne" L'Arte della guerra".
Per realizzare ciò sono state seguite due direttrici: evitare uno scontro diretto con gli Usa ed assicurarsi forniture energetiche, di petrolio, sicure e costanti, ovunque nel mondo, indispensabili per il funzionamento delle industrie manifatturiere. Il Celeste Impero non è autonomo, come invece lo sono gli Stati Uniti, per l'approvvigionamento di petrolio e, quindi, il bisogno di notevoli importazioni lo spinge ad intrecciare legami commerciali in Africa ed in America Latina e ciò preoccupa l'amministrazione statunitense. Quest'ultima si vede circondata e minacciata dall'espansionismo mercantile cinese perfino nell'America del Sud, considerata da sempre "il cortile di casa" dalla teoria di James Monroe. Nel 2015 il paese asiatico ne è diventato il primo partner commerciale, sostituendo gli Usa, e sempre nel 2015, a Pechino, si è tenuto un incontro tra il ministro della difesa cinese e gli alti ufficiali di 11 paesi latinoamericani per discutere di logistica militare ed il tema del summit è stato “rafforzare la comprensione reciproca per una cooperazione di mutuo vantaggio”.
Nel 2017 lo scambio commerciale della Cina con il Sud America ha raggiunto i 244 miliardi di dollari ed arriverà a 500 miliardi entro il 2025, secondo il presidente Xi Jinping.
Una fitta rete di rapporti commerciali è stata tessuta con i governi di Brasile, Argentina, Venezuela, Cuba ed Ecuador; da quest'ultimo importa il 90% della produzione petrolifera nazionale, e quando le crisi economiche hanno colpito duramente, la Cina ha più volte salvato dal fallimento alcune aziende statali di Brasile ed Argentina. Recentemente la Repubblica di Panama, da sempre piccolo stato “satellite” americano, ha aperto le porte ad investimenti cinesi per lo strategico Canale di Panama.
La penetrazione in Africa, continente ricco di materie prime, è stata ancora più facile per la debolezza delle classi dirigenti africane e sta sostituendo l'influenza francese e britannica e nel 2009 ha superato gli Usa come partner commerciale. Pechino importa materie prime ed in cambio fornisce investimenti in infrastrutture: oleodotti, raffinerie, strade, ferrovie, scuole, porti, dighe, stadi, ma sopratutto reti di telecomunicazioni, utilizzando manodopera locale sotto la direzione di maestranze cinesi. Lo scambio commerciale nel 2017 con i paesi africani è stato di circa 170 miliardi di dollari e gli investimenti cinesi, dal 2000 al 2016, di circa 125 miliardi di dollari. Grazie al suo pragmatismo, che separa il commercio dalla politica, Pechino ha dato legittimità internazionale a regimi dittatoriale con cui Usa ed UE non vogliono trattare, e rappresenta una valida alternativa alle istituzioni occidentali. Tale strategia è favorita dalle enormi riserve valutarie, circa 3.139 miliardi di dollari nel 2017 (dati Banca Popolare Cinese 2018) e dalla lungimiranza del fondo sovrano China Investment Corporation, che permettono di trasformare la forza della economia del Dragone in una maggiore presenza sulla scena politico-economica mondiale. In questo modo lega a se nazioni africane e sud americane che permettono di avere un supporto politico nell'ambito di importanti consessi internazionali, come l'ONU.
Nel 2017 è stata aperta la prima base militare cinese a Gibuti e si è svolto nel 2018 il primo forum sino-africano sulla sicurezza e la difesa. La Cina si candida a difensore del continente nero, in particolare delle sue enormi ricchezze di materie prime, ma anche dei flussi commerciali marittimi che passano per il Canale di Suez.
E la Russia? Questo paese oggi non si sente né europeo, né asiatico e quindi può oscillare tra questi due mondi, scegliendo a seconda della convenienza. Al momento intrattiene ottimi rapporti con Pechino: l'export commerciale verso il Dragone è stato di circa 39 miliardi di dollari, mentre l'import di circa 48 miliardi. (dati Sputnik, Agenzia del Governo della Federazione di Russia del 6 gennaio 2019)
Questo grazie alla miopia della UE, alla quale bisognerebbe ricordare il detto di Confucio "chi non guarda lontano certamente ha vicine le preoccupazioni".
Oggi l'interesse della politica russa è orientata ad oriente, l'Unione Europea con le sue debolezze ed indecisioni ne ha colpito l'orgoglio, ma il Dragone è pronto a “consolare” l'Orso siberiano per isolare l'America e i suoi alleati.
In un recente libro “Destinati alla guerra” l'autore, G. Allison, ipotizza come inevitabile una guerra tra gli Usa e la Repubblica Popolare di Cina, secondo la “teoria della trappola di Tucidide”: due potenze egemoni sono destinate a scontrarsi. Difficilmente ciò potrà avvenire, perché il governo di Pechino eviterà, il più possibile, uno scontro aperto con Washington, finché non avrà raggiunto tutti gli scopi che si è prefisso, in base al concetto "i guerrieri vittoriosi prima vincono e poi vanno in guerra, mentre i guerrieri sconfitti prima vanno in guerra e poi cercano di vincere"(Sun Tzu).
Concludendo: nel 2017 il Pil degli Stati Uniti è cresciuto del 2,3%, quello della Cina del 6,9% (dati Banca Mondiale 2018). Il Celeste Impero è il primo detentore del debito pubblico americano con circa 1.165 miliardi di dollari investiti in buoni del Tesoro Usa (dati de Il Sole 24 Ore 17 ottobre 2018). Hillary Clinton ha detto: "non si può fare la voce grossa con il proprio banchiere" per sottolineare come l'economia statunitense sia legata a doppio filo a quella cinese e ne sia anche dipendente. Ma già venti anni fa Henry Kissinger affermava "Viviamo in una epoca in cui l'America non può dominare il mondo né ritirarsene, mentre si scopre ad un tempo onnipotente e totalmente vulnerabile".
* Antonella Jacoboni è ricercatrice presso il Dipartimento di Economia dell'Università degli Studi di Perugia | antonella.jacoboni@unipg.it
Bibliografia
Allison G. 2018 “Destinati alla guerra” Editore Fazi
Romano S. 2014 " Il declino dell'impero americano" Editore Longanesi
Santangelo M. 2014 " Massime di Confucio" Editore Newton Compton Editori
Silverstein M.J.; Singhi A.; Liao C.; Michael D. 2012 "Un premio da 10.000 miliardi. Come conquistare i nuovi consumatori di Cina e India" Editore Rizzoli