STUDI E RICERCHE

30 settembre 2011

Acque minerali e termali: salute e piacere

di Angelo Raffaele Di Dio

Acque minerali, terme e territorio: una storia lunga un secolo.

Le sorgenti di acqua minerale e termale disseminate nel territorio hanno da sempre rappresentato, per l’Umbria, una opportunità di attrazione turistica e crescita economica. Intorno ad alcune di queste sorgenti “storiche” agli inizi del ‘900 si sono sviluppati interi centri abitati con stabilimenti termali, grand hotel, stazioni ferroviarie e quant’altro fosse necessario ad accogliere le migliaia di curandi che da ogni parte dello stivale venivano nella nostra regione a “passare le acque”. Mi riferisco, per esempio, ai casi di Nocera Umbra, San Gemini, Acquasparta, Massa Martana e Città di Castello, centri che hanno vissuto i fasti di un passato legato alla presenza di queste sorgenti ma anche, nella seconda metà del secolo, il declino causato dal progressivo abbandono dei luoghi di cura termale, specialmente di quelli dove si praticava la cura idropinica (bibita in sito): la disponibilità dell’acqua minerale sulle tavole di tutti gli italiani aveva trasformato la risorsa naturale in bene di consumo. Successivamente la riduzione da parte del sistema sanitario nazionale del sostegno alle attività termali con il mancato riconoscimento dei periodi di cura termale ha messo in crisi l’intero settore.

Terme: dai fasti del passato un sfida per il futuro.

Se il settore termale caratterizzato principalmente dalla cura e dalla prevenzione delle malattie ha conosciuto un periodo di crisi negli ultimi anni, si è avvertita una crescente domanda di termalismo in cui all’aspetto meramente salutistico è stato affiancato quello più edonistico del benessere fisico, del “wellness”, per usare un termine tanto di moda. Oltre alle sorgenti termali riconosciute per la cura idropinica e utilizzate principalmente per l’imbottigliamento, in Umbria vi sono otto sorgenti ad esclusivo uso termale. Di queste, due sono attualmente utilizzate presso le “Terme di Fontecchio” a Città di Castello, una presso “Le Terme Francescane” a Spello, vi è poi l’ultima sorgente riconosciuta dal Ministero della Salute denominata “Fonteserra di Umbertide”, attualmente utilizzata presso la struttura di “Villa Valentina” a Umbertide per uso ludico in attesa delle autorizzazione sanitarie necessarie all’erogazione delle cure balneoterapiche. Le altre sorgenti termali utilizzate in passato ma attualmente non sfruttate sono: le “Fonti di Tiberio” a Castel Viscardo, le “Terme di Parrano” a Parrano, i “Bagni di Triponzo” a Cerreto di Spoleto ed infine “Castello di Ramici” a confine tra i comuni di Alviano e Lugnano in Teverina. La Regione Umbria, dando una prima attuazione al progetto “essere bene” concepito insieme a Sviluppumbria, dal 2004 ha fatto degli investimenti per recuperare queste sorgenti termali abbandonate sia per evitare che il degrado delle opere di presa compromettesse la qualità della risorsa che per attrarre l’interesse di investitori che potessero rilanciare il settore termale regionale. Grazie a questi interventi, lo scorso giugno sono state riattivate per un uso ludico dal Comune di Parrano, le “Terme di Parrano”, mentre proseguono i lavori di ricerca realizzati da un imprenditore che potrebbero consentire, in un futuro prossimo, lo sfruttamento termale vero e proprio anche presso il “Castello di Parrano” acquistato dallo stesso. Per “Castello di Ramici”, qualche mese fa è stato presentato dai Comuni interessati uno studio di fattibilità che si spera possa incontrare l’interesse di investitori privati. Lo scorso anno la Regione ha adottato anche due marchi istituzionali per la promozione e la valorizzazione delle proprie acque minerali e termali e dei territori da cui esse sgorgano. Il marchio “Le acque dell’Umbria” destinato per le etichette di acqua minerale imbottigliata delle aziende che abbiano ottenuto certificazioni di qualità per il processo produttivo o per il rispetto dell’ambiente o che comunque adottino tutte le misure atte a garantire la qualità delle risorse e la salvaguardia dei territori da cui sgorgano, è stato attualmente adottato da tre aziende di imbottigliamento per complessive otto acque prodotte. Mentre, per il marchio “essere bene” dedicato al settore termale è in corso di definizione il Disciplinare d’uso.

L’Umbria in bottiglia

Con i suoi circa 1.250 milioni di litri annui, l’Umbria produce mediamente il 10 % dell’acqua minerale imbottigliata in Italia. Dieci sono le società concessionarie operanti nel settore che imbottigliano le 18 (1) acque minerali attualmente sul mercato negli undici stabilimenti sparsi nel territorio regionale. Complessivamente viene emunta dal sottosuolo una quantità pari a circa 44,7 litri/sec (contro 3.600 litri/sec prelevata ad uso idropotabile) e la Regione Umbria, facendo pagare ai propri concessionari 1,00 euro per metro cubo di acqua minerale utilizzata, introita oltre 1,5 milioni di euro l’anno in canoni versati (2). La superficie territoriale ricadente all’interno delle 17 concessioni è pari a circa 2413 ettari mentre gli addetti diretti al 2009 erano circa 384 (si stima per gli indiretti almeno altrettante unità lavorative). Il settore, in costante crescita da diversi anni, si caratterizza per la presenza di alcuni marchi leader di mercato che si collocano nelle fasce alte di prezzo (con diffusione nazionale e internazionale), di acque di primo prezzo molto presenti sul territorio nazionale (specialmente nel centro-sud) ed altre che hanno una distribuzione più locale (specie nel settore della ristorazione).

La salvaguardia dei territori

Con l’entrata in vigore, poi, del T. U. sull’Ambiente DLgs 152/2006, è stato esteso con la LEGGE REGIONALE 22 dicembre 2008, n. 22. “Norme per la ricerca, la coltivazione e l’utilizzo delle acque minerali naturali, di sorgente e termali.”, il principio salvaguardia dei bacini idropotabili anche a quelli di acque minerali. Questa scelta è derivata anche dalla consapevolezza che le azioni di antropizzazione del territorio possono mettere in pericolo la qualità delle risorse idrominerali che, a differenza delle idropotabili, non potendo essere trattate presentano anche una più elevata vulnerabilità. Con la citata legge è stato anche istituito un fondo che prevede il finanziamento da parte della Regione in favore dei Comuni di interventi mirati alla salvaguardia e alla valorizzazione dei territori interessati dalle concessioni di acqua minerale (quest’anno sono stati finanziati 5 interventi per la somma complessiva di 250.000 euro).

L’acqua minerale nuova frontiera del gusto

Le caratteristiche geologiche del territorio regionale, fanno si che le acque minerali prodotte in Umbria abbiano differenti caratteristiche chimico-fisiche a seconda delle strutture da cui provengono. Alle acque oligominerali (A) che scaturiscono dagli acquiferi carbonatici dell’Appennino della serie umbro-marchigiana e dall’acquifero vulcanico nell’orvietano, si affiancano le minerali che provengono invece dai travertini della serie dei Monti Martani. Tra queste ultime, per il tenore di CO2 in esse disciolta, abbiamo anche alcune acque effervescenti naturali (B). Da qualche anno a questa parte, si è avuto il proliferarsi di iniziative mirate a dare un valore anche alle caratteristiche organolettiche delle diverse acque minerali. Alcune riviste specializzate di enogastronomia hanno dato ampio spazio a questo tema e sono state anche edite alcune pubblicazioni che propongono delle vere e proprie carte delle acque minerali da associare anche alle diverse pietanze e ai diversi vini. Ci sono associazioni come l’A.D.A.M. (Associazione Degustatori Acque Minerali – www.degustatoriacque. it) che svolgono corsi per idrosommelier di 1°, 2° e 3° livello con tanto di diploma, alcuni ristoratori invece, cominciano a proporre ai propri clienti oltre alla carta dei vini anche la carta delle acque minerali.

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