RACCONTAMI L'UMBRIA

Rasiglia, il paese gioiello nato dall'acqua

Articolo partecipante per la sezione Turismo, Ambiente e Cultura - Raccontami l'Umbria 2016

di Anna Lia Sabelli Fioretti

TESTATA: Corriere dell’Umbria

DATA DI PUBBLICAZIONE: 11 Marzo 2016

 

Più che un sommesso mormorio, come canta nei suoi versi il poeta, medico, filosofo del ‘400 Marco da Rasiglia, quello delle acque che sgorgano dalla terra un po’ ovunque, è la colonna sonora del paese, è l’affascinante melodia naturale di un luogo nato intorno alla sorgente di Capovena, sopra la quale svetta ciò che rimane della Castellina e del Castro dei Trinci, signori di Foligno. Padroni della zona nel ‘300, non era loro sfuggita la bellezza di quei luoghi e la freschezza di un’acqua proveniente dagli altipiani di Cesi che, viaggiando sottoterra per almeno sei mesi, esce poi all’aperto freschissima per gettarsi dopo due-trecento metri nel Mentore. Insieme alle altre sorgenti, Alzabove e Venarella, alimenta con le sue acque tutto il bacino della Valle Umbra Sud.

 

In Umbria il paese di Rasiglia è un posto diverso, unico, da visitare assolutamente e da raccontare agli amici, un piccolo paese gioiello a pochi chilometri da Foligno dove le vestigia del passato sono gemme da teca che vanno protette da chi vorrebbe farne invece un uso meramente commerciale. Non ci sono negozi, né bar, né ristoranti. Il suo appeal è tutto nell’acqua che sgorga dalla terra, attraversa zampillando un po’ ovunque il paese antico e ben tenuto e sfiora gli opifici nati per sfruttarne la sua forza motrice. I suoi custodi sono proprio i pochi abitanti rimasti, riuniti dal 2008 nell’Associazione “Rasiglia e le sue sorgenti” formata da più di 200 soci e presieduta da Umberto Nazzareno Tonti, industriale proprietario, insieme ai due fratelli, dell’Oma, Officine Meccaniche Aeronautiche di Foligno. Le quote associative e i proventi delle offerte per il Presepe vivente vengono utilizzati per la manifestazione “Penelope” (1° maggio) e per la cura del paese, che prima di essere la loro casa viene considerato patrimonio comune dell’arte del fare da mantenere intatto per le generazioni presenti e future. Sì, perché intorno a quelle sorgenti sparse che diventano ruscelli e torrentelli, sono stati costruiti mulini per il grano, lanifici, fabbriche tessili e piccole centrali idroelettriche che sfruttavano la forza dell’acqua in caduta libera. “Noi qui siamo in 25” spiega Alvaro Cesarini, operaio, che insieme a Giampaolo fa spesso da cicerone ed accoglie chiunque sia in visita a Rasiglia con la cordialità e la disponibilità di un padrone di casa  orgoglioso di mostrare dove vive. “All’inizio del ‘900 si stima ci fossero ancora 400 abitanti; la conta veniva fatta con i fuochi, circa 60-70. Poi un po’ alla volta fabbriche e mulini hanno chiuso ed è rimasto solo il ricordo di una serie di aziende che in passato avevano ben sfruttato grazie proprio all’acqua, al punto che era stata persino aperta una banca”.

 

Quattro mulini a grano, 3 centraline idroelettriche e due le famiglie di tintori e lanaioli, i Tonti e gli Accorimboni, unite poi dal matrimonio di Giuseppe Accorimboni con Caterina Tonti. I Tonti sono poi andati via dal centro storico nel 1925, spostandosi a fine paese in una struttura più moderna; gli Accorimboni vi hanno lavorato fino al 1975.

“La famiglia dei Tonti si è trasferita qui nel ‘500 ma già nel 1100 a Rasiglia ci sono tracce dell’esistenza di concerie e mulini. Siamo arrivati a quest’ipotesi frugando negli archivi storici” racconta Alvaro nell’aprire porte consunte dall’uso e dal tempo per mostrare ambienti, macchinari (gualchiere, centrifughe, filatrici, telai) preda di ragnatele e polvere, che l’Associazione vorrebbe far diventare oggetti da mostrare in un suggestivo museo diffuso dedicato all’operosità umbra.

 

Fino al ‘900 era solo l’acqua a far girare i macchinari. Lì si svolgeva tutto il ciclo completo della lavorazione della lana: dal salto della pecora nei “cupaggi” del fiume Menotre, alla tosatura, al lavaggio del vello nelle vasche con acqua e soda, fino ad arrivare al filato e alla tintura con piante naturali, come il guado per l’azzurro e le ginestre per il giallo. Tutto viene documentato, esattamente come era un tempo, nel Presepe Vivente, dal 2007 affollatissimo appuntamento del periodo natalizio e da Penelope, manifestazione culturale dedicata al ciclo completo della tessitura, che quest’anno si arricchirà di angoli fioriti di rose bianche. “E’ stato facile” precisa il nostro anfitrione “perché il paese è già un presepe di suo. In giro tra vicoli e case c’è chi tinge la lana, chi la fila, chi ferra i cavalli, chi fa la polenta, le frittelle, le salsicce e il vin brulè. Ci sono anche degli animali: quattro caprette (Pitollo, Bianchina, Righetta, Orsolina e i nuovi arrivati Storione e Cucchiarone), le colombe bianche, le tortorelle e i germani reali, accuditi quotidianamente con affetto e dedizione da Nazzareno. Le offerte del presepe sono destinate tutte alla cura di Rasiglia, all’adozione a distanza della piccola Juliana e ad altre organizzazioni benefiche che si occupano di bambini”. Oltre ad autofinanziarsi e a fare da custodi, gli abitanti sanno essere anche attente sentinelle per  evitare eventuali scempi, come nel caso del tentativo di asfaltare le strade del paese “Ci siamo battuti perché venisse utilizzata una pavimentazione in sampietrini colorati in armonia con l’ambiente e alla fine ci siamo riusciti. Abbiamo messo le targhe nelle vie, le fioriere, i cestini, costruito ponticelli, rimesso a posto il lavatoio, realizzato il muretto dei giardinetti; un proprietario ha appeso al muro una lapide in ricordo del poeta Marco da Rasiglia con un suo verso tra i più famosi: “Solo mi trovo in questo alpestre loco a piè d’un sacro e glorioso monte dove tra vivi sassi surge un fonte che lacque porge mormorando un poco…”.