RACCONTAMI L'UMBRIA
Come Mosè sulla montagna sacra prego per chi combatte a valle
Articolo partecipante per la sezione Turismo, Ambiente e Cultura - Raccontami l'Umbria 2016
di Gabriele Salari
TESTATA: La Stampa
DATA DI PUBBLICAZIONE: 28 Gennaio 2016
“In tutti i tempi e in tutte le religioni il Signore sceglie qualcuno che stia sul monte. Io ho visto la mia vita in continuità con quella di Mosè. Sono venuta qui su per pregare sempre. Per coloro che combattono nella piana”, dice suor Teresa. Per incontrare una delle ultime vere eremite basta allontanarsi da Spoleto, una delle città più belle dell’Umbria, ed inerpicarsi sulla montagna di Monteluco, tra lecci e aspra roccia calcarea.
E’ una montagna sacra questa. Il bosco era consacrato a Giove e protetto dalla Lex Spoletina del III secolo avanti Cristo. Il primo eremita ad arrivare dalla Siria, 1500 anni fa, fu Isacco, seguito da tanti altri che si stabilirono nelle grotte del Monteluco e della Valnerina. Sorsero eremi e conventi frequentati anche da San Francesco, in parte sopravvissuti, quando non sono stati trasformati in case o hotel di lusso. A quota mille il bosco lascia il posto ai pascoli e bisogna percorrere cinque chilometri di strada sterrata sulla cresta della montagna, a tratti innevata, per arrivare all’Eremo degli Angeli, “guanciale sulle nubi, selciato rovente, pagina bianca per avventure stupende in cui vivere è prodigio e sogno”.
L’Eremo è una casetta bianca con un comignolo stretto e lungo e una sorta di campanile. Qui vive suor Teresa Bertoncello, ottantaseienne padovana, 45 anni trascorsi da eremita, di cui 30 proprio qui. Perché – spiega – “abitare all’eremo equivale ad abitare la vetta, abitare le altezze a tutti i livelli”.
Ex monaca di clausura, non dimostra certo i suoi 86 anni, e indossa una tunica grigia cucita da lei. Da sempre, quando vedeva un casolare abbandonato, sentiva un’attrazione irresistibile: “Avevo bisogno di una vita eremitica – dice – perché questa mi era chiesta interiormente. Avvertivo una nuova vocazione: rimanere sepolta nel silenzio”. Sceglie dunque questa vita, che la porta a passare lunghi periodi in solitudine; a volte rimane bloccata dalla neve per settimane. Prega con il corpo, una preghiera fatta di mani, di braccia. E’ danza, prostrazione…
Tiene a precisare che la sua non è una fuga e, vivendo in preghiera e contemplazione, ha scritto diversi libri di spiritualità che contengono profezie, salmi, poesie, disegni. “L’uomo ha perso il senso della vita, il contatto con la trascendenza – afferma suor Teresa –. Abbiamo cancellato la morte, l’eternità che è già presente tra noi e dentro di noi. Sono molto preoccupata per quanto sta accadendo a valle, dove il mondo vive sull’orlo di un precipizio fra guerre, violenze, assalti all’integrità del Pianeta. Non condivido il catastrofismo, ma qualcosa di molto grave accadrà. Io l’ho visto, anche se non posso spiegarlo. Non sarà un’ecatombe universale, ma più una grossa sventola”.
Neanche a dire che sia influenzata dalla tv: possiede solo una radiolina per sentire i notiziari. Siamo in uno degli ultimi eremi e non ci sono neanche telefono, frigorifero, lavatrice o doccia calda, perché mancano elettricità e acqua corrente. Un piccolo pannello solare offre un briciolo di illuminazione. Altrimenti le candele danno luce alle tre stanze dell’eremo: una cappella, la camera da letto che fa anche da studio, con il camino, e poi la cucina con libreria annessa e lunario Barbanera. “L’eremita si appaga di rinunce. Non grandi, sbalorditive, eccezionali che alimentano l’orgoglio e non possono che essere episodiche. L’episodicità non costruisce una personalità forte, equilibrata, spirituale, quale la vita eremitica comporta”.
Non riceve molte visite Teresa, ma le gradisce e cita i Padri del deserto, per cui “la visita aiuta l’ospite e anche chi l’accoglie”. Chi la va a trovare capita le porti qualche dono: per 10-15 anni ha vissuto solo di elemosina, mentre ora ha una pensione per aver insegnato religione. Al tramonto va a raccogliere la legna, mentre il sole colora di rosa i monti Sibillini. C’è chi avrebbe paura a star solo nei boschi, con i lupi che arrivano anche sulla porta dell’Eremo. Con il sorriso sulle labbra Teresa mangia qualcosa di frugale, visto che d’inverno in montagna non si riesce neanche a coltivare l’orto. Presto scenderà il buio e chissà che nel silenzio non riesca a sentire anche questa notte il tasso che russa nella tana alla base di una quercia proprio sotto l’Eremo.