RACCONTAMI L'UMBRIA
Amelia
Articolo partecipante per la sezione Turismo, Ambiente e Cultura - Raccontami l'Umbria 2016
di Rita Bertazzoni
TESTATA: Fior fiore in cucina
DATA DI PUBBLICAZIONE: Febbraio 2016
È una delle cittadine più antiche dell’Umbria e d’Italia, con un centro storico perfettamente conservato ricco di testimonianze del passato, tra chiese medievali, palazzi rinascimentali e tracciati di strade preromane che affiorano dal sottosuolo. E poi, un articolato sistema di cisterne romane, opere di alta ingegneria idraulica, con ambienti comunicanti che danno vita a una sorta di seconda città sotterranea. Ovunque affiorano reperti archeologici di valore inestimabile, raccolti in un museo che vanta anche un ritrovamento eccezionale: la statua bronzea del Germanico.
Arroccata su un colle roccioso, alle cui pendici si estendono distese di lecci e uliveti interrotti dal serpenteggiare del fiume Tevere, e racchiusa da possenti mura, Amelia è circondata da un paesaggio incantevole: dolci colline pettinate a vigne, da cui proviene una famosa Doc, e punteggiate di ulivi di antiche cultivar locali che ogni anno danno un rinomato extravergine d’oliva Dop Umbria. Fra queste, la varietà autoctona raio che esiste solo ad Amelia e dintorni e che è oggetto di un progetto di valorizzazione, denominato "L'Infinito" e realizzato in collaborazione con il Cnr di Perugia, per creare una Dop di eccellente qualità, con caratteristiche organolettiche e procedure di produzione uniche e innovative.
Ma la bellezza dell’Amerino è fatta anche di boschi, laghi e montagne da esplorare grazie a numerosi sentieri segnalati che portano a scoprire scorci inaspettati, dove non arriva il turismo di massa. Amelia fa parte di quei borghi dell’Italia minore che va riscoperta per la preziosità dei posti, la cordiale ospitalità e la ricchezza delle tradizioni enogastronomiche. La bella cittadina rappresenta, inoltre, il punto di partenza ideale per scoprire il territorio umbro e perdersi tra i suoi tesori. A breve distanza, le città più note di Narni, Terni, Spoleto e Orvieto.
LA CITTA' IN UN GIORNO
La storia di Amelia si perde nella notte dei tempi, e il borgo è un concentrato di tesori del passato. Colpiscono, per maestosità ed estensione, le imponenti mura poligonali (VI e IV sec. a.C.) che cingono, unitamente a quelle tardoromane e medievali, il vasto centro storico. Alte fino a 10 metri e larghe 3,50, sono formate da massi perfettamente incastrati tra loro senza l’ausilio di malta cementizia. Sei sono le porte di accesso alla città, fra cui Porta romana (III sec. a.C.) che ne rappresenta l’ingresso principale. Accanto alla cinta principale, nella parte più alta dell’acropoli, si trova un'altra cinta muraria più antica, detta “megalitica” (VIII-VII secolo a.C.), composta da soli blocchi irregolari, non levigati, orditi in maniera primitiva.
Oltre alle antichissime mura, non si devono perdere le cisterne romane che testimoniano l’importanza di Amelia durante l’impero dei Cesari. Un insieme di cavità sotterranee che i romani utilizzavano come via di fuga dalla città, come depositi o come impianti fognari e idraulici. Di particolare interesse è la cisterna situata in piazza Matteotti che risale al I secolo a.C.: quest’opera di alta ingegneria idraulica, oggetto di restauro negli anni ’90, ha una capacità di oltre 4.300 metri cubi ed è costituita da dieci ambienti contigui e comunicanti. Nella prima sala, considerata la più importante poiché è l’unica a conservare inalterate le sue peculiarità architettoniche, è possibile osservare un campione di pavimentazione in cotto, bollato con la dicitura latina così tradotta: “Officina di Tiberio e Caio Atilio Fortunato”.
Ma ad Amelia sono presenti anche altre cisterne di minori dimensioni all’interno dei palazzi del centro, edificate nel momento in cui l’antico borgo umbro divenne municipio romano (www.ameliasotterranea. it). Passeggiando fra le vie del centro storico colpiscono le numerose residenze gentilize rinascimentali, fra cui Palazzo Farrattini, importante opera di Antonio da Sangallo il Giovane, studio preparatorio per il più famoso Palazzo Farnese a Roma. Ha affreschi di notevole fattura, come quelli che si ammirano a Palazzo Petrignani dove si contempla una splendida sala dello zodiaco. Altrettanto splendidi i saloni affrescati di Palazzo Venturelli. In città merita una visita anche il teatro settecentesco, costruito interamente in legno e con meccanismi originali tuttora perfettamente funzionanti. All’interno sono stati girati numerosi celebri film, tra cui “Le avventure di Pinocchio” di Comencini e il “Marchese del Grillo” interpretato da Alberto Sordi. Proseguendo la passeggiata per i vicoli, si giunge fino in cima al paese, dove si trova la torre dodecagonale risalente all’anno Mille e l’adiacente Cattedrale dedicata a Santa Fermina, patrona di Amelia.
UN TERRITORIO DI ECCELLENZE
La buona tavola è da sempre una prerogativa irrinunciabile di qualsiasi vacanza in Umbria. Semplice e genuina, conquista con i suoi ingredienti di prima qualità e le sue ricette gustose. Celebre per la norcineria e i formaggi, i prodotti del bosco e la cacciagione, l’olio extravergine d’oliva Dop Umbria e i vini Doc o Igt, la regione vanta eccellenze inimitabili che si trovano solo in alcune zone. Ad Amelia la fava cottòra è un presidio Slow Food. Non è una varietà qualsiasi di fava, ma un ecotipo selezionato da generazioni dagli abitanti dell’Amerino. In particolare, viene coltivata da una cinquantina di famiglie di due paesini, Frattuccia nel comune di Guardea e Collicello nel comune di Amelia. Il nome deriva dalla sua caratteristica di cuocere bene e in fretta e gli abitanti dell’Amerino la chiamano anche mezza fava, per le sue piccole dimensioni. Le fave cottòre si raccolgono in luglio e si conservano essiccate tutto l’anno per essere consumate in vari modi dopo la cottura: condite con extravergine d’oliva, sale, pepe e cipolla fresca o ripassate in padella con pomodoro e cipolla. Un’altra ricetta prevede la riduzione in purea, condita con olio e sale, ideale per preparare bruschette.
Il piatto più tradizionale è tuttavia la striscia con le fave che si consuma il giorno della macellazione del maiale: si condiscono le fave lessate con il grasso ottenuto dallo scioglimento nella cottura della zona ventrale del suino, una lunga striscia di grasso e di magro. La preparazione delle fave cottòre richiede che vengano poste in acqua fredda, da riscaldare fino al punto di ebollizione. Dopo questo trattamento, che ha anche lo scopo di eliminare i fattori che ne riducono la digeribilità, le fave vengono fatte riposare nella loro acqua per una notte intera. Il giorno dopo vengono scolate e selezionate per eliminare quelle rimaste dure, ascoltando il rumore tipico che producono a contatto con la superficie del contenitore. Con le fave fresche si prepara la minestra scafata, da “scafo”, termine dialettale che indica il baccello. Si prepara facendo soffriggere cipolla, sedano, finocchio selvatico e pancetta. Poi si aggiungono le fave e la bietola, facendo insaporire per qualche minuto. Infine, si versa l’acqua ben calda e si porta a cottura, in tegame coperto, per 12-15 minuti. Una volta pronta, la minestra viene versata nel piatto su fette di pane tostato, irrorando poi con un filo d’olio extravergine e una spolverizzata di pecorino grattugiato. Amelia vanta un’altra peculiarità assolutamente unica: i fichi girotti, ovvero fichi secchi farciti di cioccolato e altra frutta secca (mandorle tostate, noce, canditi, cacao e vari ingredienti tenuti segreti).
Queste delizie vengono prodotte e confezionate da cinque generazioni, precisamente dal 1830, dalla famiglia Girotti e ancora oggi la storica fabbrica ha sede nel centro di Amelia. Il colore della confezione contraddistingue il tipo predominante degli ingredienti: azzurro per quelli alla mandorla; verde per quelli alla noce e rosso per quelli ai canditi. La particolarità e l’eccellenza risiedono, oltre che nell’alta qualità dei frutti, anche nel metodo di lavorazione che è interamente eseguito a mano: dopo una selezione accurata, i fichi migliori vengono collocati in stampini per essere farciti e poi pressati sotto una pressa artigianale, facendo acquisire loro la tipica forma a “rotelle”.