MARKETING
30 settembre 2011
Acqua e marketing
di Mauro Loy
“L’acqua è la materia della vita. È matrice, madre e mezzo. Non esiste vita senza acqua” scriveva Albert Szent- Györgyi de Nagyrápolt, Premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 1937. In Italia il consumo medio quotidiano per usi domestici è di 250 litri, siamo i primi consumatori d’acqua in bottiglia d’Europa e terzi nel mondo. Numeri che fanno comprendere come un bisogno fisiologico, che Maslow poneva alla base della piramide che porta all’autorealizzazione dell’uomo, sia divenuto nel tempo un “bisogno indotto” che apre un mercato con un volume globale di vendite pari a 7,88 miliardi di litri e in cui si muovono, 165 società di imbottigliamento e 300 marche imbottigliate (dato Italia). Un mercato, quello delle acque confezionate, composto da un eterogeneo tessuto produttivo che include sia grandi gruppi industriali, capaci di intraprendere processi di internazionalizzazione necessari per sopravvivere allo stagnamento dei mercati interni, sia piccole realtà locali – fortemente legate al territorio d’origine – che manifestano una scarsa vocazione imprenditoriale e commerciale e che soffrono di barriere d’accesso al mercato troppo elevate dovute ai grandi costi pubblicitari. Ma come si è trasformato un “prodotto povero” che in principio era considerato un riferimento importante per la cura del corpo – la cui unica fonte erano gli stabilimenti termali – in un mercato così strutturato? Qual è stato il passaggio che ha portato l’acqua minerale naturale ad essere prima esclusivo appannaggio del canale Ho.Re.Ca, poi ad avere un gusto diverso dall’effervescenza naturale (dato dall’Idrolitina), ed infine una referenza con un diverso posizionamento sul mercato? Il punto di svolta e l’inizio del “marketing dell’acqua minerale naturale” si ha negli anni ‘70 con il claim “liscia, gassata o ferrarelle”, quando l’acqua dall’effervescenza naturale delle sorgenti casertane, inizia pioneristicamente una campagna pubblicitaria che offre agli italiani una “terza via”: l’originale Ferrarelle. Un’acqua minerale che grazie ad una dinamicità promozionale e pubblicitaria ha dato il via ad un percorso di marketing che ha trasformato un bisogno primario in una scelta referenziata per gusto, sapore e proprietà benefiche. Tutto questo è stato agevolato dalle contingenze del periodo, ovvero dal passaggio dalla “società del bisogno” alla “società del consumo”, in cui l’acquisto non significava più soddisfare un bisogno, bensì una necessità edonistica e dove avanzava l’opportunità del “poter scegliere”. L’acqua in bottiglia diventa così una referenza a tutti gli effetti, sulla quale giocare non solo in termini di profondità dell’offerta ma anche sulla brand image, sul packaging e più in generale, sul sistema valoriale che la identifica. Il marketing ha intercettato ed accelerato questo processo di cambiamento del comparto, sottolineando, inoltre, alcuni bisogni della società ancora latenti. E così siamo arrivati all’acqua che evoca un benessere terapeutico (Fiuggi), quella priva di calcio (Sangemini o Panna), quella della salute e della bellezza (Uliveto e Rocchetta), quella della purezza (Levissima), l’acqua effervescente naturale (Ferrarelle), quelle con una sola particella di sodio (Santa Croce e poi Lete) o ancora, quella per restare sempre in forma (Vitasnella)… se prima quello delle acque minerali naturali era un “mercato nel buco”, oggi dov’è il “buco nel mercato”? L’ampiezza e la profondità dell’offerta hanno ormai raggiunto alti livelli di specializzazione, garantendo al consumatore la risposta ad ogni sua necessità; ma per mantenere vivo il mercato, le aziende del comparto hanno iniziato anche ad intervenire sul packaging, trasformando la storica bottiglia in vetro in un elemento di design. È quindi solo un ricordo lontano la classica bottiglia verde che trovavamo sulle tavole dei ristoranti, un “vuoto a rendere”, un contenitore che concettualmente manteneva il senso della genuinità dell’acqua; poi, l’esigenza di abbattere i costi di logistica per rendere economica la distribuzione, ha introdotto il sistema dei “vuoti a perdere”, prima con il pet ed ora anche con il bio. Il mercato delle acque minerali naturali pertanto, è arrivato ad una fase di maturazione in cui, il leader è colui che riesce a garantire volumi di vendita elevati e che investe cospicui budget in pubblicità e comunicazione. Tutto ciò a discapito dei piccoli competitors che pur avendo le stesse peculiarità non riescono a raggiungere un market share significativo. Emblematico in questo senso, è il caso delle acque Rocchetta e Nocera Umbra che, sgorgando da fonti attigue, hanno seguito percorsi di mercato differenti. Mentre la Rocchetta, che negli anni è entrata nel circuito delle multinazionali ha ottenuto un posizionamento di mercato netto e ben riconoscibile dal consumatore nonché volumi crescenti – grazie a mirate strategie di comunicazione – l’acqua di Nocera Umbra, al contrario, nonostante le sue tre antiche fonti – Angelica, Cacciatore e Flaminia – non ha aggredito il mercato con la stessa intensità, entrando così nella grande distribuzione solo nella file della private label. La partita delle acque minerali naturali non si gioca solo sul mercato del “bevarege” ma anche e soprattutto su quello termale tradizionale, dove i segnali della crisi sono ormai conclamati. Il termalismo, nonostante la lieve flessione degli ultima anni in termini di turismo, può essere rilanciato con strategie sviluppate secondo un’ottica di nuova modernità. L’idroterapia è una pratica iniziata presso gli antichi, che costruirono le prime thermae pubbliche come occasione di cura, relax ed incontro; bandite nel periodo di diffusione del cristianesimo, poiché sinonimo di edonismo, è alla fine dell’800 che gli stabilimenti termali ritornano completamente in auge come luoghi di cura. In questo periodo le località termali assumono una nuova fisionomia e si trasformano in centri autonomi, di villeggiatura e vita mondana che con il passare del tempo si sono evoluti e completati di servizi necessari per la permanenza dei fruitori. Quello che si viene a determinare è l’accezione più moderna del termalismo ovvero quello d’elite, dove le classi più agiate si rivolgono per “passare le acque” e trascorre momenti di relax. È in questo momento che si verifica il passaggio dal termalismo inteso come “curativo” a quello di “benessere per il corpo e lo spirito”. Un’accezione che si allinea perfettamente ai nuovi bisogni del consumatore e, soprattutto, agli odierni stili di vita. Oggi i numeri del settore dimostrano come il mercato si sia polarizzato da un lato verso il segmento alto, con suntuosi hotel ed esclusive spa, e dall’altro - quello più inflazionato - verso quello medio-basso, animato dalle tante strutture ricettive sorte nelle zone limitrofe ai centri termali. Le terme sono quindi divenute un momento occasionale da dedicare alla cura del proprio corpo, alla portata di tutti e concentrata nei fine settimana. Il termalismo post-moderno tuttavia, per riprendere vigore e diventare nuovamente un settore competitivo nella più ampia offerta turistica, deve evolversi ed orientarsi verso un sistema di servizi integrati. Ai benefici delle acque dovranno essere accostati servizi di intrattenimento, legati al segmento del benessere e della forma fisica, quindi sport, wellness, cultura e gastronomia. La nuova frontiera che sembra essere quella più vicina alle esigenze manifeste del consumatore, è quindi il connubio tra cura del corpo ed intrattenimento legato al territorio. Oggi il termalismo deve porre le basi per passare da un turismo di tipo escursionistico ad uno stanziale, come accadeva in precedenza nelle più rinomate località termali come Salsomaggiore, Fiuggi o Chianciano, dove italiani e stranieri soggiornavano per periodi prolungati. Per realizzare ciò, si rende necessario uno sforzo congiunto tra l’amministrazione pubblica ed il mondo imprenditoriale per organizzare un sistema integrato di assistenza al turista, che intervenga non solo sul miglioramento delle prestazioni sanitarie ma anche sulla ricettività, i trasporti, il commercio e i servizi più in generale. Dovranno essere garantiti pertanto i collegamenti sia di terra sia di aria con le principali capitali europee, attivati servizi di money transfer ed un funzionale circuito bancario internazionale; dovranno essere inoltre promosse attività ludiche legate all’arte, allo sport e al tempo libero che creino momenti di convivialità ed aggregazione, per ridare nuova vivibilità ai centri termali e all’intero territorio. L’adozione di un piano integrato del sistema delle acque minerali porterà ad una nuova strutturazione del mercato, a moltiplicare l’utenza, aumentare i servizi e la riconoscibilità dei siti nell’evocativo del consumatore. In questi ultimi tempi è stata frenetica la ricerca di nuovi percorsi per rivitalizzare una risorsa che è origine e vita ma, mentre per l’industria delle acque minerali “da bere” i consumi si sono stabilizzati, lo sforzo più grande da compiere dovrà riguardare il sistema termale “del benessere” che, con una maggiore intraprendenza e lungimiranza potrà tornare ad essere elemento di punta dell’offerta turistica d’eccellenza contribuendo, allo stesso tempo, a favorire l’occupazione, lo sviluppo e la crescita dei territori.
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