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30 giugno 2011

Università e territorio tra attrattività e competitività. Il ruolo delle infrastrutture per la mobilità

di Gianni Bidini

Secondo i dati forniti dall’“anagrafe nazionale studenti” nel periodo 2003/2010 gli immatricolati sono diminuiti nelle Università italiane del 15,4% e nell’Ateneo perugino del 23,1%. Questi numeri dimostrano in maniera inequivocabile come la crisi che ha colpito l’Università di Perugia sia ben più consistente di quella che invece attraversa tutte le altre Università del nostro Paese. I motivi di queste difficoltà vanno ricercate in parte nella diminuzione della popolazione universitaria umbra,ma soprattutto dalla minore capacità attrattiva tradizionalmente esercitata nei confronti delle altre regioni italiane (soprattutto del mezzogiorno): immatricolati provenienti da altre regioni: - 33,2 % (circa -740 imm.). Le cause di questa minore attrattività sono molteplici; di certo però l’“isolamento” dell’Umbria per quel che riguarda il trasporto pubblico in particolare su ferro, se non anche il suo recente progressivo peggioramento (solo in piccola parte “mitigato” da iniziative di nuove autolinee private, che viceversa testimoniano una domanda latente inevasa) sembra giocare un ruolo significativo. Un ruolo negativo che può essere letto per entrambe le componenti extraregionali rispetto alle quali tradizionalmente UniPG esercitava una buona capacità attrattiva: a lungo (regioni meridionali) e a breve (regioni contigue) raggio. Per quanto caratterizzati da elementi di forte specificità, in primo luogo derivante dalla particolare (rispetto alla maggioranza delle altre facoltà) localizzazione e accessibilità, i comportamenti di mobilità risultanti dall’indagine svolta presso gli studenti iscritti a Ingegneria rappresentano un utile spaccato dei temi e problemi che caratterizzano la popolazione studentesca dell’Ateneo. Un primo dato particolarmente eclatante è rappresentato dalla quota abnorme di studenti che utilizzano l’auto per recarsi in facoltà: ben il 76,4%. Il secondo elemento di particolare interesse è invece rappresentato dalla relativa marginalità dell’utenza del mezzo ferroviario, pari al meno del 14 %, nonostante la Facoltà sia stata dotata di stazione ferroviaria. Da osservare tuttavia come il mezzo sia utilizzato quasi esclusivamente da utenti provenienti dai territori (comunque di prossimità) collocati lungo la tratta ferroviaria che presenta il miglior servizio, vale a dire la tratta compressa tra (Spoleto-) Foligno-Bastia. La prima, importante ragione addotta del mancato utilizzo del mezzo ferroviario –si segnala che erano previste risposte multiple-consiste nei tempi di viaggio superiori a quelli dell’auto (44% degli intervistati); procedendo in ordine decrescente, a fronte del contenuto 28% che dichiara di avere il proprio domicilio in territori non serviti dalla rete ferroviaria, ben il 25% motiva il mancato ricorso al treno a causa degli orari ferroviari non compatibili con le esigenze individuali. Se quello ferroviario rappresenta il problema principale della mobilità a medio raggio della popolazione studentesca, un problema altrettanto grave (forse ancor più grave) é costituito dalla esclusività della mobilità su auto anche per le brevi e brevissime percorrenze. Emerge con forza cioè il grave deficit di quelle attrezzature infrastrutturali minute che consentono la mobilità pedonale (e ciclabile), ossia marciapiedi e percorsi pedonali (o ciclo-pedonali). Anche per percorsi inferiori ai 3 km i tragitti vengono coperti in auto e non a piedi! Senza tener conto che la distanza è calcolata lungo tragitti carrabili spesso molto più lunghi di quelli che sarebbero possibili attraverso itinerari ad hoc (basti pensare alla prossimità alla facoltà di quartieri quali Ferro di Cavallo, S. Lucia, Oliveto, Madonna Alta). Ma una armatura infrastrutturale minuta adeguata (in termini di percorsi, sicurezza e anche di “gradevolezza”) non garantirebbe solo l’accessibilità dai quartieri di prossimità privilegiati a fini abitativi da molti studenti; permetterebbe anche di “avvicinare” significativamente alla facoltà gran parte del Centro storico perugino, attraverso quella stazione di testa del Minimetrò che pur prossima in termini di distanza spaziale da Ingegneria oggi risulta difficile da raggiungere. Da tutto ciò appare evidente che le infrastrutture carenti non sono certo quelle stradali, le uniche alle quali viene fatto ricorso tanto sul lungo che sul medio che, infine, sul breve raggio. Semmai c’è da chiedersi quali effetti (negativi di certo) avrebbero sulla capacità attrattiva extraregionale (e in parte regionale) del nostro ateneo (e dell’intera cittàregione) adeguamenti infrastrutturali stradali come quelli previsti per l’E45, che necessariamente sarebbero associati a forme (oggi inedite) di pedaggiamento. Il problema dell’accessibilità sembra invece investire in maniera particolarmente pesante il servizio ferroviario, tanto per le lunghe che per le medie e brevi percorrenze. È in questo ambito che occorrono investimenti importanti capaci di garantire una rete e un servizio che garantisca il superamento della progressiva marginalizzazione della regione nei confronti del resto del Paese. Analogamente deve essere fortemente perseguite quelle azioni finalizzate a realizzare un servizio ferroviario metropolitano/ regionale efficiente ed efficace nel contrastare il primato regionale nell’uso dell’auto anche ai fini della mobilità pendolare. Ma capace anche di mitigare gli effetti sui centri urbani minori dell’Umbria delle politiche imposte all’università di riduzione della propria presenza nel territorio. Si pone infine la necessità di realizzare quell’armatura infrastrutturale minuta ma diffusa capace di garantire la mobilità lenta e, conseguentemente, di innalzare gli standard qualitativi di vita.