PRIMO PIANO
31 dicembre 2011
"LIBERA" una speranza contro le mafie
di Walter Cardinali
Poche ore dopo la caduta del Muro, sul finire dell’89, mentre il mondo s’interrogava sul passato e sul futuro, un mafioso catanese ordinava a un suo compare residente a Berlino: “Compra tutto”. Così in una intercettazione telefonica spesso rammentata da Piero Grasso, il procuratore nazionale antimafia. Ai mafiosi evidentemente non fanno difetto né il senso degli affari né le risorse da investire. Anche questo nostro tempo d’inquietudine appare propizio per le grandi organizzazioni criminali: esse della crisi soffrono meno degli altri e non mancano di liquidità. Il tentativo di una società di comodo del clan dei Casalesi di impadronirsi di uno stock di oltre 300 appartamenti a Ponte San Giovanni, due alberghi ed altri beni, bloccati dall’inchiesta Apogeo, è, da questo punto di vista, emblematico. Il bacino della ricchezza mafiosa, alimentato da tanti rivoli (racket, traffico di stupefacenti, di armi, di rifiuti pericolosi, tratta di donne ed uomini schiavizzati, appalti illecitamente ottenuti) – appare inesauribile. L’Umbria è da tempo oggetto di attenzioni da parte delle mafie, un “covo freddo” (così lo chiama l’accurato dossier di Libera Informazione) che va facendosi tiepido. Da tempo piattaforma di smistamento nei traffici di droga la regione è un territorio che mafia, ‘ndrangheta e camorra ben conoscono, in cui hanno presenze, conoscenze e agganci. Efficacemente si presta, pertanto, a investimenti e riciclaggi. La crisi ha facilitato le infiltrazioni: il tessuto economico regionale si rivela fragile, imprese importanti interrompono o riducono le attività, si registrano fallimenti e chiusure, ma abbondano anche i passaggi di proprietà e nascono esercizi commerciali dove non si sarebbero immaginati. Nelle crisi – inevitabilmente – la speculazione si accaparra risorse, si avvantaggia; e dentro di essa sono attive le mafie. È un errore esagerarne il peso, vedere dappertutto boss e camorristi, ma è più grave ignorare e sottovalutare, come a lungo si è fatto, da parte della pubblica opinione e delle stesse istituzioni regionali. Quelle rivelate dalle inchieste non sembrano semplici operazioni di riciclaggio di denaro sporco, che sarebbero già inquinanti, ma prospettano un insediamento stabile. I primi a soffrirne sarebbero gli imprenditori industriali e commerciali: il denaro delle mafie è maledetto, fa il deserto intorno a sé. I mafiosi, infatti, non conoscono regole né spirito d’impresa; contro chi li ostacola usano ogni forma di violenza, di intimidazione, di ricatto. È arduo, ad esempio, per un costruttore competere con chi riempie i muri di sabbia e dimezza il ferro dei piloni; come è difficile per un commerciante reggere l’urto di chi abitualmente ricorre alla contraffazione, al contrabbando, alla ricettazione. Con la presenza mafiosa cresce poi, di regola, la corruzione nelle pubbliche amministrazioni. Sarebbe un disastro. Quando Libera Umbria iniziò la sua attività di solidarietà e di sensibilizzazione c’era scarsa attenzione e perfino un certo fastidio rispetto alle nostre denunce: a lungo sulla stampa regionale è prevalsa una sorta di minimizzazione, che dava sì risalto alle inchieste della magistratura, ma le considerava episodi in sé conclusi. Da qualche anno si è realizzato un salto di qualità nell’attenzione, che è frutto anche del nostro impegno. Aumentano le scuole che sollecitano una collaborazione nell’educazione alla legalità; su sollecitazione di Libera l’Università di Perugia ha istituito per diversi anni un vero e proprio corso sulla legislazione antimafia e sul contrasto alle organizzazioni criminali; nascono gruppi e presidi antimafia in molte città umbre. Un punto di svolta è stata l’istituzione, da noi richiesta, di una Commissione del Consiglio Regionale contro le infiltrazioni. Anche nel sistema dell’informazione, nell’associazionismo imprenditoriale, nel mondo sindacale, nella cultura si avvertono segnali importanti. È un risveglio positivo. Il ruolo centrale nel contrasto alla criminalità organizzata è certamente affidato alle forze dell’ordine e alla magistratura, ma le “mafie” non sono un mondo a parte, che possa essere nettamente separato dalla società dei buoni e degli onesti, occorre una reazione, una resistenza in ogni settore della comunità. Le mafie sono cambiate: da quando modernizzazione, mobilità e globalizzazione economica hanno offerto poderosi e sofisticati strumenti di attività, diffusione e penetrazione, si può intravedere spesso un intreccio tra legale e illegale, il trafficante di stupefacenti sta accanto al criminale con il colletto bianco, il professionista, l’uomo d’affari. Pensiamo che sia una scelta saggia quella che matura nella Commissione regionale di uno stabile osservatorio, che raccolga e diffonda le informazioni: una società vigile e informata è la migliore difesa contro le insidie delle nuove mafie. Ma occorre qualcosa di più, una presenza e una vicinanza della società civile là dove più facilmente l’infiltrazione avviene: per esempio nelle amministrazioni pubbliche, ove può dispiegarsi l’azione corruttrice della criminalità, oppure tra gli imprenditori in difficoltà che possono essere le prime vittime dell’usura, di perniciose proposte, di minacce e ricatti. Libera ha affermato un modello di antimafia che si esprime nella triennale convocazione degli Stati Generali dell’Antimafia: un confronto approfondito ai livelli più alti tra governo, parlamento, magistratura, forze dell’ordine, economia, sindacalismo, associazionismo, per fare il punto dei successi e dei pericoli, per lanciare proposte concrete ed efficaci, per favorire dappertutto la nascita di una rete antimafia. Intorno a Libera sono cresciute nella società civile, nel mondo accademico e culturale, nell’informazione competenze e conoscenze. Anche in Umbria e a Perugia lavoriamo per diffondere sensibilità, favorire collaborazione, costruire sinergie e dare all’impegno di tutti, ciascuno con il suo ruolo, forma, organizzazione, stabilità, attraverso convenzioni, accordi, incontri. Le mafie possono essere fermate e sconfitte. Serve una responsabilità di tutti che diventa corresponsabilità.