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30 settembre 2011

La geografia delle acque in Umbria

di Donata Castagnoli

L’Umbria è regione nota per i suoi contrasti morfologici, generati anzitutto da una tettonica che ha conferito direzioni plicative al rilievo e faglie determinanti per spiegare la complessità dell’assetto idrografico. Ad est e a sud-est è la montagna calcarea, dove a più alte quote corrispondono copiose precipitazioni; a cominciare da sei milioni di anni fa si ebbero ingenti sollevamenti di deposizioni marine antiche anche 190 milioni di anni, che perdurarono fino a 1.600.000 anni fa dando luogo ad una serie di quinte anticlinali che si individuano, con allineamenti da nord-ovest a sud-est (o anche nord-sud) e altitudini variabili, fino anche all’Umbria sud-occidentale, delimitando lunghe conche intermontane. Di diverso aspetto è la collina dell’Umbria centro-occidentale, costituita da formazioni di età più recente e fittamente incise per la prevalenza di rocce tenere a composizione marnoso-arenace; i rilievi, meno elevati e con forma arrotondata, sono intervallati da depositi di fondovalle di età recente e di composizione sabbioso-argillosa. L’impostazione delle due valli principali, quella del Tevere e la Valle Umbra, richiama la presenza dell’antico Lago Tiberino, insieme di stagni e paludi particolarmente esteso nel Pleistocene inferiore, i cui due rami principali corrispondono all’attuale fondovalle del Tevere e alla Valle Umbra, la più ampia conca intermontana della regione. Originata da movimenti tettonici distensivi, questa duplice depressione spiega l’ampiezza e l’assenza di incisioni dei fondivalle sia nel lungo ed ampio tratto del Tevere tra Città di Castello e Todi (1) che nella fitta rete idrografica della Valle Umbra, frutto di azioni di bonifica. Il bacino del Tevere rappresenta, tutto considerato, un elemento unificante, raccogliendo la quasi totalità delle acque dell’Umbria, che assumono una diversa fisionomia a seconda delle rocce attraversate. Di modesta portata e soggetti ad un regime torrentizio - le precipitazioni sono meno abbondanti rispetto all’Umbria orientale – sono i tributari di destra del Tevere, disposti grossomodo perpendicolarmente al fondovalle ad eccezione dei due più estesi, il Nestore e il Paglia. Il primo di questi riceve le acque del T. Caina, che a sua volta accoglie gli eccessi idrici del Trasimeno (2); il secondo drena le acque del T. Chiani, che fino al XVIII secolo convogliava anche le acque dei laghi di Chiusi e Montepulciano, indirizzate poi verso l’Arno. A proposito del Trasimeno, che con un perimetro di 54 km è il bacino più esteso dell’Italia centrale, se ne ricorda l’origine alluvionale-tettonica dovuta al riempimento fluviale di una conca quaternaria, l’unica ancora dotata di acque. Il modesto bacino imbrifero e l’alimentazione in prevalenza pluviale contribuiscono oggi a mantenerne modesta la profondità, fatto che tuttavia non impedisce un ricco popolamento ittico (lucci, anguille, carpe, tinche) pur esponendo il lago al rischio di eutrofizzazione. Delimitato come parco regionale nel 1995 e altresì inserito nella rete ecologica europea, il lago è ancora oggi esposto a rischi ambientali di natura essenzialmente agricola. Ad oriente la rete idrografica del Tevere ha un assetto più articolato. Ci si riferisce al sistema Topino-Marroggia-Clitunno, confluente nel Chiascio, e agli affluenti del Nera; entrambi sono significativi tributari del Tevere, in due punti strategici alle soglie di Perugia nel primo caso, al limite del Lazio e dunque all’inizio del basso corso nel secondo. Le acque della fertile Valle Umbra sono state irreggimentate con una plurimillenaria bonifica, funzionale all’agricoltura, resa efficace con l’incisione della “soglia” di Torgiano e giunta a compimento solo all’inizio del XIX secolo. Qui sono anche le fonti del Clitunno, risorgiva carsica che forma un suggestivo laghetto. Altro bacino carsico è il Padule di Colfiorito, unico piano perennemente invaso dalle acque, già tutelato come area umida dalla Convenzione di Ramsar e dal 1995 delimitato come parco regionale. A caratterizzarlo è un’abbondante vegetazione palustre e varie specie avicole, anche migratorie. La Valnerina, di cui è nota l’elevata sismicità, è fortemente segnata da movimenti tettonici che sono causa di variazioni dei tracciati fluviali e della pendenza, di alternanza tra gole (suggestive quelle formate dai torrenti Ussita e Corno) e ampliamenti vallivi di un’intricata rete idrografica. Dopo aver drenato le acque di tutta l’Umbria sudorientale, il Nera va ad arricchire, più che raddoppiandola, la portata del Tevere. Riguardo l’utilizzo della risorsa idrica, si cita la realizzazione di bacini artificiali per la produzione di energia elettrica, oltre alla presenza di invasi al servizio dell’agricoltura come quello di Firenzuola formato dal T. Marroggia e quello di Casanova di Valfabbrica dal F. Chiascio. L’attività industriale è stata in ogni epoca legata all’acqua, come emerge dalla storia delle proto-industrie tessili, delle cartiere e delle ferriere impostate su fiumi e torrenti montani, dove i dislivelli hanno permesso un ottimale utilizzo dell’energia di caduta, al riparo da piene o smottamenti cui altri corpi idrici, più ampi o impostati su terreni meno adatti, erano soggetti. Anche la passata diffusione dei mulini idraulici, a dire il vero un po’ in tutto il territorio regionale, è espressione dello stretto legame economico intrattenuto con l’elemento idrico. Il lago di Corbara veniva realizzato nei primi anni ’60 del ‘900 con lo sbarramento del Tevere; al pari dei più piccoli bacini sorti sul Nera (lago di San Liberato) e sul suo affluente Aia, è un bacino idroelettrico. La presenza del lago di Corbara e del soggiacente bacino di regolazione di Alviano, che dal 1978 è Oasi naturalistica, si inserisce perfettamente nell’ambiente circostante, permettendone anzi una caratterizzazione ecologica come luogo individuato per la sosta dagli uccelli migratori. Anche il lago formato sul T. Aia è, dal 1977, Oasi faunistica. L’energia idroelettrica è prodotta, sempre nel Ternano, anche dalla cascata delle Marmore, originatasi dal salto artificiale di 165 m compiuto dal F. Velino nell’immettersi nel Nera. Il lago di Piediluco, il secondo dell’Umbria per estensione, è di origine naturale, ma viene oggi regolato sia in entrata che in uscita da canalizzazioni funzionali all’impianto idroelettrico. Numerose sono le sorgenti che oggi vengono utilizzate per l’imbottigliamento di acque oligominerali, con un fatturato in costante incremento. La maggior parte di esse è, come si può facilmente immaginare, riferibile agli acquiferi carbonatici, vere e proprie spugne capaci di immagazzinare ingenti riserve. Si citano dunque le principali: Rocchetta, nel comune di Gualdo Tadino, Rugiada, in quello di Gubbio, Viva (Cerreto di Spoleto), Fabia (Acquasparta, dalla dorsale dei Monti Martani) e Tione (Orvieto), l’unica di provenienza vulcanica. Si vuole poi ricordare anche la Sangemini che, seppure presente sul mercato con minori quantitativi si distingue per l’efficacia delle sue proprietà terapeutiche che ne fanno un prodotto ad elevato valore aggiunto. Riguardo l’adduzione pubblica di acqua potabile, essa è assicurata soprattutto dalle condotte che collegano le sorgenti carbonatiche alle aree più popolate, come gli acquedotti di Nocera, della Valle Umbra e dell’Argentina e da una serie di pozzi nell’acquifero alluvionale. All’approvvigionamento di Perugia convergono più reti, tra cui l’acquedotto del Trasimeno. Si vuole infine citare la scelta di dotare alcuni centri urbani di fontanelle di acqua acquedottistica, anche gassata (progetto “fontanelle”), cui si attinge dietro un modesto pagamento. Se ciò è soprattutto parte di un progetto di riduzione dei rifiuti urbani, di cui le bottiglie rappresentano ormai parte considerevole, va altresì evidenziato il contenuto evocativo insito in un’operazione che in soli due anni ha portato all’istallazione di una decina di impianti in tutta la regione e che facilita la conoscenza di tale risorsa coinvolgendo anche un’utenza occasionale. Si cita infine la scelta di Perugia (Villa La Colombella) per l’attuale sede del WWAP, il programma per la valorizzazione delle risorse idriche mondiali patrocinato dall’Unesco: è anche questo un segno dell’investimento di un ruolo, anche simbolico, nella gestione delle acque.

Note

 (1). La presenza di anse (a Ponte Valleceppi, Deruta, Fratta Todina) si motiva con l’improvvisa variazione di pendenza che si ha all’ingresso del fiume in Umbria. (2). Un emissario artificiale realizzato all’inizio del ‘900, funge da collegamento. Da allora è scongiurato il pericolo di esondazioni del lago, che si erano succedute con conseguenze talora disastrose nonostante analoghi tentativi già avanzati dai Romani e poi in età moderna. Si inizia poi a paventare invece l’opposta preoccupazione di un eccessivo abbassamento delle acque, che raggiungono il valore minimo di 3 m negli anni ’40-’50 per poi assestarsi, grazie a nuovi dirottamenti di modesto apporto, sugli attuali 6 m. Il problema di un eccessivo emungimento di acqua per usi urbani viene poi superato con la realizzazione di un collegamento all’invaso toscano di Montedoglio.