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31 dicembre 2011
L’Umbria nella morsa dell’usura
di Elio Clero Bertoldi
Statistiche precise sull’usura non ce ne sono e non possono essere compilate. La relazione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario in Umbria mostra cifre minime, ma gli esperti assicurano che il fenomeno, pur nascosto, è molto più significativo di quanto non testimonino i dati, anche da noi. Questo reato, infatti, non viene denunciato quasi mai. Non tanto per omertà, quanto per il fatto che, almeno all’inizio, chi si rivolge ad un usuraio pensa che costui sia una sorta di salvatore, in quanto gli concede quel prestito, quell’aiuto economico, che il circuito bancario o finanziario gli nega. Gli risolve i problemi immediati, insomma. Inoltre, almeno nelle nostre zone, lo strozzinaggio non è gestito dalle organizzazioni malavitose, ma da persone che svolgono attività professionali, artigianali, commerciali, del tutto neutre, dunque. I processi che si celebrano – almeno a far riferimento agli ultimi quaranta anni – vedono salire sul banco degli imputati avvocati (diversi), sarti, camionisti, macellai, negozianti in genere e persino – è stato condannato pochi mesi fa, almeno in primo grado – un ex carabiniere. Quasi tutti sono uomini. Unica donna condannata una signora, commerciante in Foligno, due-tre lustri fa. Tutti all’apparenza persone normali, qualche volta persino gioviali nell’approccio, comunque insospettabili. Proprio come splendidamente li descrive Dante nel diciassettesimo canto dell’Inferno. Allora si chiamavano Gianfigliazzi, Obriachi, Vitaliano del Dente, Scrovegni (quelli che fecero affrescare, coi soldi dell’usura pensando di conquistarsi il Paradiso, addirittura da Giotto la loro omonima cappella a Padova), Giovanni Buiamonte dei Becchi. La loro pena del contrappasso? Martoriati da un pioggia continua, incessante di fiammelle ardenti. La stessa sofferenza lanciante che con i loro ricatti, le loro continue pressioni, le loro minacce, fanno patire alle vittime cadute nelle loro grinfie. Chi si rivolge allo strozzino ritiene, in buona fede, di poter affrontare la spesa degli interessi usurari. Purtroppo per loro, però, basta saltare una rata o chiedere un rinnovo per finire in un gorgo senza fine. Perché gli interessi aumentano a dismisura e non si è più in grado, nella stragrande maggioranza dei casi, di onorare i pagamenti sempre più onerosi e soffocanti. Che strozzano, appunto. Non sono mancati in Umbria drammi come quello, terribile, di una negoziante ternanospoletina picchiata e stuprata da loschi figuri mandati a bella posta dal creditore, perché la vittima non riusciva a star dietro ai pagamenti. Ancor più pesante il bilancio di due tremende tragedie, con tre morti complessivi: la prima ha portato al suicidio un noto medico, sposato e padre di due figli, della zona del Trasimeno, caduto in mano agli strozzini, perché invischiato nella insana passione del gioco d’azzardo, tanto da perdere soldi e tutti i beni immobili; la seconda, agghiacciante e toccante al tempo stesso, vide protagonisti due maturi coniugi orvietani che, vittima di una banda romana di usurai, per paura che la ritorsione, per i mancati pagamenti, potesse cadere sui loro figli, scelsero la morte come gesto estremo di amore per la prole, di protesta per gli squallidi strozzini. Usura, bestia immonda. Che prima affascina e poi stritola.