PRIMO PIANO
31 marzo 2012
Arriva lo statuto delle imprese
di Giuseppe Tripoli
L’approvazione bypartisan ed all’unanimità dello “Statuto delle imprese” (L.180/2011), avvenuta lo scorso 3 novembre alla Camera dopo un iter parlamentare durato circa due anni, rappresenta un passaggio importante nella costruzione di un rapporto più equilibrato e paritetico tra la PA e le micro, piccole e medie imprese. Essa segna l’avvio di una strategia di interventi a favore delle imprese di minori dimensioni che si pone l’obiettivo di invertire un atteggiamento di attenzione scostante nei riguardi di questo mondo di così strategico peso nell’economia del Paese, identificando finalmente un insieme di “diritti di cittadinanza” delle imprese di minori dimensioni. Sappiamo tutti come l’Italia sia il Paese a più alta intensità di micro PMI: il nostro sistema imprenditoriale è costituito per il 99,9% di piccole e micro imprese (di queste, il 94,7% nella classe tra 1 e 9 addetti) che occupano l’81% del totale degli addetti e generano quasi il 71% del fatturato (l’Italia è il primo Paese europeo in termini di imprese attive nel comparto manifatturiero, con circa 500.000 imprese, pari al 21% dell’UE27, ed il secondo per valore aggiunto ed occupazione). Si tratta della base imprenditoriale viva del nostro Paese, patrimonio da tutelare e valorizzare perché è stata la silenziosa ma consapevole e orgogliosa protagonista della crescita economica italiana, contribuendo a rendere il nostro sistema flessibile ai mutamenti della domanda e capace di conquistarsi nicchie a valore aggiunto anche nei settori maturi. I principi della c.d. detta legge “Vignali” costituiscono, in primo luogo, norme di riforma economico-sociale della Repubblica, orientate a dare piena attuazione a quella parte del dettato costituzionale (in particolar modo all’art. 41 – “L’iniziativa economica privata è libera”), che riconosce e valorizza, dal punto di vista culturale prima ancora che normativo, il ruolo sociale ai fini del bene comune del fare impresa e dell’imprenditorialità. Si tratta poi di una norma “manifesto” che da concreta attuazione a molti dei principi contenuti nello Small Business Act - SBA, la carta europea dei diritti delle microPMI. Lo “statuto” è stato infatti fin dall’inizio immaginato in coerenza con i macroprincipi e gli obiettivi prioritari di politica industriale a favore delle PMI dettati dallo SBA, con l’obiettivo di garantirne la piena applicazione in Italia, assicurando la coerenza delle normative adottate dallo Stato e dalle Regioni con i provvedimenti dell’Unione europea in materia di piccole imprese. Ma soprattutto, fissa una serie di principi di carattere generale di cui tutta la successiva normazione dovrà tenere conto: la libertà di iniziativa economica, il diritto ad un contesto normativo certo, l’attenzione per imprenditorialità giovanile e femminile, la semplificazione e progressiva riduzione degli oneri amministrativi a carico delle micro PMI, il diritto a condizioni di accesso trasparente e non vessatorio al credito. La L.180/2011 riconosce la libera aggregazione delle imprese nei sistemi associativi. Il riconoscimento della rappresentanza è legato alla presenza della Associazione nel territorio e quindi nell’ambito dei Consigli delle Camere di commercio. Pare di grande rilevanza che la rappresentanza legittima ora le Associazioni ad impugnare per conto delle imprese gli atti amministrativi lesivi degli interessi diffusi. La norma contiene anche diverse strumenti di sostegno concreto al sistema delle PMI. Solo per citarne alcuni: una riserva minima del 60% negli incentivi pubblici, di cui il 25% destinato alle micro imprese; l’adozione del principio secondo il quale non potranno essere introdotti nuovi oneri regolatori o amministrativi senza che prima la PA non ne abbia ridotti o eliminati di preesistenti, nella logica c. detta del “one in one out”; e l’accesso semplificato agli appalti pubblici, grazie alla divisione in piccoli lotti ed al subappalto, riservato alle aggregazioni fra PMI, reti tra imprese, Consorzi ed ATI. Particolare rilievo viene dato allo sforzo di ulteriore riduzione e semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico del sistema d’impresa, a partire dal rendere obbligatoria l’analisi di impatto – in termini di oneri informativi e costi amministrativi a carico delle imprese - di ogni nuova iniziativa legislativa, regolamentare e finanche di natura fiscale che lo Stato, le regioni, gli enti locali e gli enti pubblici in genere stiano per adottare. Viene stabilito che le PP.AA. debbano garantire, attraverso le Camere di commercio, la pubblicazione e l’aggiornamento delle norme e dei requisiti minimi per l’esercizio di ciascuna tipologia di attività d’impresa. Analogamente, nella logica dell’interoperabilità tra pubbliche amministrazioni di cui il sistema camerale negli ultimi anni si è già fatto abbondantemente promotore (si pensi all’esperienza del portale www.impresa,gov.it poi divenuto www.impresainungiorno.gov.it), viene ribadito come la P.A. non possa più richiedere all’impresa informazioni già in suo possesso, dovendo essa reperire tali informazione collegandosi telematicamente con la P.A. che le detiene, senza ulteriori oneri in capo all’impresa che ha già fornito quel dato. La centralità del sistema di piccola impresa nel quadro della nuova policy industriale del Paese viene poi ribadita da due ulteriori previsioni dello Statuto che rivestono un valore simbolico, oltre che concreto: l’istituzione della figura del Garante “dei piccoli”; e la predisposizione di un disegno di legge annuale specifico. Il Garante delle micro PMI, oltre a monitorare l’attuazione dello Small Business Act in Italia ed a valutare ex ante ed ex post l’impatto della normativa (ivi compresa quella regionale) sulle imprese, avrà un importante ruolo di “facilitatore” del dialogo tra le PMI, le loro rappresentanze di categoria e la PA ai diversi livelli di governo; di catalizzatore di proposte (ad es. in materia di misure di ulteriore semplificazione); di diffusore delle migliori pratiche. Con la predisposizione di una legge annuale per le micro PMI, di cui il Ministero dello Sviluppo Economico - sentite le Regioni - dovrà proporre l’adozione al Parlamento, si mira invece a creare un “canale dedicato” per l’introduzione di specifiche misure di semplificazione amministrativa e per la competitività delle MPMI. Merita infine un riferimento a parte la delega al Governo a recepire entro 12 mesi la Direttiva europea sulla lotta ai ritardi di pagamento che fissa a 30 gg il tempo massimo per il pagamento di merci e servizi alle PMI da parte della PA ed a 60 giorni quello per il pagamento tra privati. Il fenomeno dei pagamenti ritardati da parte della PA ha assunto, specie negli ultimi anni, proporzioni davvero gravi (si stima un importo che oscilla tra i 60 ed i 70 miliardi di euro); si tratta di una vera e propria sottrazione di risorse da parte della PA ai privati che costringe le aziende a richiedere prestiti alle banche, con costi aggiuntivi ed un grave pregiudizio che ne deriva alle loro capacità competitive. È questo un tema innanzitutto di civiltà giuridica su cui siamo chiamati ad agire con tempestività e risolutezza.
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