PRIMO PIANO
31 dicembre 2012
A Perugia rinascono le vie degli artigiani
di Claudio Sampaolo
Gli artigiani stanno tornando nell’Acropoli di Perugia. Piano piano, senza squilli di tromba, col solo passaparola, con un tam-tam per ora molto soffuso ma che arriva un po’ dappertutto. Un ritorno al passato a macchia di leopardo, dettato perlopiù da circostanze casuali come costo dell’affitto dei locali o scelte personali. Ma nel contesto di questa occasionalità, la medaglia di “strada degli artigiani” va di diritto, a pari merito, a corso Cavour e via dei Priori, che grazie ad associazioni motivatissime e ricche di idee (ArtiCity e Borgobello) stanno riscoprendo la vecchia cultura cittadina ed un successo meritato, per esempio con il Priori Open Village durante le feste di Natale o la mezzanotte bianca tra Borgo XX Giugno e Corso Cavour, replicata più volte con successo, fino a far dire all’assessore alla Cultura del Comune di Perugia, Andrea Cernicchi, che ormai lo storico quartiere perugino sta diventando un piccolo Beaubourg . Un po’ di enfasi mai correttamente applicata come in questo caso, perché vedere strade senza auto invase da tanta gente che non solo frequenta i locali della ristorazione, ma anche le tante botteghe artigiane (che del resto offrivano da bere a tutti...) è stato un bel colpo, un passo in avanti sul recupero della storia cittadina. Che bisogna conoscere per guardare al futuro con un po’ di sano ottimismo.
Le vie storiche
Non è un caso che le vie di Perugia, attuali, ma soprattutto passate, rimandino esattamente alle arti ed ai mestieri. E allora ecco che via Alessi era via dei Calderari (costruzione recipienti in rame), via Danzetta era via Cappellari, e dunque la strada che riuniva botteghe di cappellai, che subentrarono ai lanaioli, allontanati dal centro a causa del cattivo odore emanato dall’olio di salsa che usciva dalle officine. Per questo via Danzetta fu anche chiamata via della Salsa. E ancora: via Fani era via del Mercato, via Calderini si chiamava via Scudellari, perché lì si vendevano scodelle ed altri “casalinghi” in vetro o terracotta, piazza Matteotti era piazza delle Erbe, dove si svolgeva un mercato non solo di frutta e verdura, ma anche di chinca gliere varie, come pettini, lacci per scarpe, spille, bottoni, saponi. Si potrebbe andare avanti ancora, ma qui diremo solo che poche vie hanno mantenuto il loro nome originario, tra queste dei Cartolari e dei Lanari, oltre ad un gruppetto di viuzze di Corso Garibaldi, quartiere tristemente desertificato dalle attività, artigianali e commerciali: dei Pellari, dei Tornitori, dei Solfaroli, dove si lavorava lo zolfo, si fabbricavano fiammiferi e non a caso lì è nata la Saffa, diretta emanazione di questa antica tradizione artigiana. Non ci sono più i fabbri come Bacosi, Panfili e Rossi, che costruì la cancellata in ferro battuto della Fontana Maggiore, oggi non ci sono più vie “tematiche” come quelle appena ricordate, perché il Medioevo è passato da un pezzo e siamo nel Terzo Millennio, ma il risveglio c’è e si vede.
Giro in città
Abbiamo fatto un breve viaggio in città, naturalmente a piedi, per osservare da vicino quello che sta accadendo e per tastare il polso della situazione, partendo proprio dal basso, da una delle cinque vie regali di Perugia, costruite nel 1300, quella che portava verso Roma, attraversando Corso Cavour e Borgo XX Giugno, in una parola il Borgo Bello. Dopo i giardini del Frontone, la Basilica di San Pietro e gli ampi spazi della Facoltà di Agraria, si può ben dire che comincia la città e Borgo XX Giugno sta riaprendo i battenti gradatamente, con i suoi locali per la ristorazione (due pizzerie ed uno spazio culturale con libri, dischi e caffetteria) ma anche panetteria, vendita di birra artigianale, un laboratorio di ceramica ed un negozio di oggettistica, design e bricolage. Passato l’arco di Porta San Pietro ecco Corso Cavour, che dal punto di vista dell’artigianato ha avuto uno sviluppo davvero prorompente. Qui davvero ce n’è per tutti i gusti: uno studio d’arte dove una ragazza dipinge a mano, un laboratorio orafo, una bottega che produce cornici e oggetti d’artigianato realizzati con materiali di recupero in legno, un laboratorio dove si fanno ricami perugini, la falegnameria del Borgo, un tatuatore, un laboratorio di pelletteria, un calzolaio, un artigiano che costruisce da solo cappelli, sciarpe e maglie con l’uncinetto, una storica cappellaia-modista, una bottega dove si dipingono maioliche a mano, una ragazza che nel suo negozio vende bigiotteria ma fa anche la visagista e la truccatrice, una che vende piccoli oggetti giapponesi, un’altra bigiotteria a tema, soprattutto riferita a Perugia. Salendo verso il centro storico scompaiono le botteghe ed appaiono i negozi, abbigliamento e calzature su tutti, almeno finché non si compie la “circumnavigazione” da Piazza Matteotti a Piazza IV Novembre, passando per quelle che una volta erano davvero le vie degli artigiani: Alessi, Cartolari, Viola, Roscetto, Pinturicchio, Corso Garibaldi, via Fabretti, via Ulisse Rocchi, via Baldeschi, Piazza Morlacchi, Maestà delle Volte. Qui l’unico segno di risveglio arriva da via della Viola, protagonista ancora una volta una associazione che si chiama emblematicamente “fiorivano le viole”. E la novità è che a comporla sono tutti giovani, coraggiosi e lungimiranti, che contano in breve tempo di ripopolare i negozi della strada con atelier di pittura e fotografia, laboratori di robotica e molte altre attività artigianali.
La ricamatrice del Corso
Al netto di pizzerie, kebab, paninoteche, barbieri e parrucchiere (comunque in calo) in queste vie le attività artigianali si contano ancora sulle dita di una mano: un falegname ed una cioccolateria in via Pinturicchio, una rilegatoria ed un “progettatore” di mobili e oggetti d’arredo in via Baldeschi, una bottega del cuoio in via Appia, un laboratorio orafo in via Deliziosa, un corniciaio ed una palestra in Corso Garibaldi, dove gli “artigiani” costruiscono muscoli. Un segno dei tempi. Per rifarsi gli occhi bisogna “pescare” gli artigiani del consorzio ArtiCity, oltre che infilarsi lungo via dei Priori dove peraltro c’è anche qualcuno di loro. Per esempio, partendo dal fondo: un ragazzo che disegna e costruisce occhiali, un mastro liutaio, due botteghe di ceramica, una rinomata pasticceria, un sarto, un corniciaio, una creatrice di gioielli, un laboratorio dove si creano oggetti di carta, uno dove una ragazza giapponese lavora stoffe secondo la propria tradizione. Ed è giusto così: nel ritorno di fiamma dell’artigianato cittadino c’è anche un po’ di Oriente, quello che attraverso l’Università per Stranieri ha messo radici a Perugia. Infine corso Vannucci, dove tra esercizi che chiudono e crisi incombenti, ha aperto bottega una ricamatrice, proprio nello spigolo che dà su Piazza della Repubblica. Un coraggio che merita proseliti.