IL PUNTO
31 marzo 2013
Il sostegno per le imprese nel momento di crisi
di Giorgio Mencaroni
Se cinque anni non sono bastati per uscire dalla crisi o almeno soltanto avvicinarsi al superamento di essa, allora appare di tutta evidenza – come difatti sostengono in molti – che la natura ciclica del fenomeno tale non è e che, al contrario, sta manifestandosi una frattura strutturale dei modelli di sviluppo consolidati, prodromica di una autentica crisi di sistema. Forse non siamo ancora a tanto, ma certamente confutare questa interpretazione, con il persistere di continue fasi recessive, risulta sempre più difficile. E tuttavia, è un fatto che le misure adottate dal governo centrale e da quelli locali non hanno portato risultati ed anzi a giudicare dall’andamento del 2013 – che era stato presentato come l’anno del ritorno alla crescita – si può parlare semmai di peggioramento della situazione, con l’Italia a guidare il gruppo dei paesi in piena recessione. Senza impresa non si può neanche pensare alla ripresa e le imprese non possono tornare a crescere se non si allenta la morsa delle politiche restrittive che per intensità vedono il nostro paese ai primi posti nell’Eurozona. Ai primi posti per rigore – quello eccessivo, dunque negativo, si intende – ma anche primi nel ciclo recessivo: qualcosa vorrà dire. L’impresa è alle corde e mentre la politica è riuscita a darci un Governo d’emergenza a quasi 3 mesi dalle elezioni, registriamo l’inarrestabile procedere della recessione – a marzo 2013, PIL in rosso per il settimo trimestre consecutivo – evidentemente stimolata dalle misure che dovevano combatterla, a cominciare da una tassazione impressionante, misurata al 52% (dato ISTAT, non una valutazione più o meno di parte) nel primo trimestre 2013. Con questi numeri la stessa ricerca delle ragioni di una crisi, ciclica o sistemica che sia, appare francamente un esercizio accademico. E comunque, ritengo che il nostro modello di sviluppo fondato sulla imprenditorialità diffusa, mantenga intatta, ancora oggi, la sua forza, in quanto capace di esprimere valori assoluti che portano le persone ad auto-organizzarsi con responsabilità nel lavoro, come nella vita sociale, nella famiglia e anche nell’associazionismo. In definitiva, il modello resta valido, ma è necessario che ripensi a se stesso, compiendo un «salto evolutivo» nell’innovazione tecnologica, nell’organizzazione produttiva e dei servizi, nelle relazioni produttive-commerciali a rete con imprese medie e grandi, più strutturate e internazionalizzate. Un processo obbligato, non un opzione, se si vuole allontanare lo spettro di una lenta ma inevitabile marginalizzazione. A livello locale siamo a un punto di svolt e ogni sottovalutazione di quanto sta accadendo sarebbe colpevole da parte nostra. La base imprenditoriale provinciale, nei primi 3 mesi del 2013, ha conosciuto un arretramento che va oltre la normale dinamica tra la nascita e la mortalità delle imprese. È accaduto che le cessazioni sono state 1.789, il 50% in più delle nuove iscrizioni e il doppio di quelle che registrammo un anno fa, quando certo non vivevamo momenti migliori. Il prezzo più alto lo pagano le piccole imprese e l’artigianato, che arretrano a un ritmo molto superiore a quello nazionale, dove la creazione di nuove imprese si raffredda appena dell’1,4% contro il crollo del – 17,4% della provincia di Perugia. L’unica indicazione positiva può essere ricercata nell’aumento (+6%) delle iscrizioni delle società di capitali, la componente più strutturata del sistema produttivo, che tuttavia non riesce a tenere il passo dalla media nazionale capace di una crescita di 3 volte superiore (+18%). Va da se che ogni allarme è superato: non possiamo aspettare oltre quegli interventi che sollecitiamo da troppo tempo. Non bastano le dichiarazioni di attenzione che il nuovo Governo ha fatto, ma servono misure impegnative, reali, applicabili e spendibili immediatamente. Come quelle, che nel suo ambito di competenza, sta adottando il sistema camerale. La Camera di Commercio di Perugia, nel programma di attività per il 2013 ha messo in campo risorse, per la nostra dimensione, eccezionali e non abbiamo esitato ad allentato i vincoli di bilancio per mettere in campo una azione fuori dal comunque, perché fuori dal comune sono le difficoltà in cui si trovano le nostre imprese. Sostegno al Credito, Promozione e Sviluppo, Innovazione, Internazionalizzazione, Infrastrutture, sono queste le aree verso cui abbiamo indirizzato azioni e risorse. Di notevole significato – a mio avviso – è l’iniziativa adottata per sbloccare i crediti vantati dalle micro, piccole e medie imprese aventi sede legale o operativa nella provincia di Perugia nei confronti della Pubblica Amministrazione, in particolari dei comuni della provincia. Di fatto, la Camera di Commercio di Perugia anticiperà alle imprese a costo zero il credito esigibile e non contestato, attingendo ad un fondo “rotativo” di 3 milioni di euro. L’anticipo potrà riferirsi a crediti che variano da un minimo di 20.000,00 a un massimo di 80.000,00 euro. Un passo concreto, che porta una boccata d’ossigeno decisiva per la sopravvivenza stessa di moltissime aziende.