Trasparenza e legalità per le imprese

A cura di Federico Fioravanti

I numeri ci aiutano a capire. L'ultimo rapporto del Consiglio d'Europa definisce la corruzione in Italia come un fenomeno "consueto e diffuso", che interessa vari settori, dall’urbanistica agli appalti pubblici, fino alla sanità.
Secondo una analisi della Corte dei Conti, la corruzione ogni anno pesa per 70 miliardi di euro sulla economia nazionale.
La mancanza di moralità e di eticità nella gestione della cosa pubblica è sotto gli occhi di tutti ed è pane quotidiano della informazione quotidiana.
Il CPI 2012, l’indice di Transparency International che misura la percezione della corruzione nel settore pubblico e politico a livello globale posiziona l'Italia al 72° posto su 174 paesi, con un punteggio di 42 su 100. In Europa, peggio di noi stanno solo Bulgaria e Grecia. I paesi più virtuosi, come accade da molti anni a questa parte, sono la Danimarca, la Finlandia e la Svezia. Colpisce una sottolineatura: secondo questo organismo internazionale l'Italia ha "deboli strumenti di controllo e di valutazione del fenomeno".   
L'impatto per l'economia e la credibilità del "sistema Paese" è devastante: la Corte dei Conti ha stimato che ogni punto recuperato nella classifica vale una percentuale del 16 per cento in più di investimenti dall'estero.  
Maria Teresa Brassiolo, presidente di Transparency International Italia, avverte:   “I governi futuri dovranno mantenere l’anticorruzione in cima alla loro agenda politica: non siamo solo noi addetti del mestiere a richiederlo, ma i cittadini e le imprese che non ne possono più di veder distrutto il frutto del loro lavoro per corruzione o negligenza nell’uso delle risorse pubbliche”.
Fa riflettere un dato diffuso dalla Coorte dei Conti: la corruzione in Italia fa lievitare i prezzi per le grandi opere pubbliche fino al 40 per cento in più.
Sono impressionanti le cifre dell'evasione fiscale e dell'economia sommersa.  Secondo uno studio della Banca d'Italia il valore complessivo dell'evasione ammonta a circa 470 miliardi di euro, 280 per l’evasione fiscale e contributiva e 187 per l’economia illegale.
Nel 1981 l’evasione fiscale in Italia ammontava a circa 54 miliardi di euro (28mila miliardi dell'epoca). Una cifra equivalente al 7-8% del Prodotto interno lordo. Trent’anni dopo, secondo l’Istat, ha raggiunto più del 18% del Pil.
Il sommerso nel 2008 era pari al 31,1% del Pil, di cui il 18,5% riconducibile alla fuga dal fisco e il 12,6% legato alla criminalità. Tra il 2006 e il 2008, la crescita, esponenziale, è stata quindi di 6,5 punti percentuali.
E la nostra regione? L'evasione fiscale in Umbria è stimata in quasi 4 miliardi di euro ogni anno. Il dato è tratto dal rapporto di una commissione istituita dal governo nel 2011.
La Corte dei Conti stima che il peso della corruzione nel territorio regionale sia di 500 milioni: quasi 42 milioni di euro ogni mese.
Un dato diffuso dalla Fondazione Caponnetto certifica che in Umbria la criminalità fattura 2 miliardi di euro ogni anno.
Una  indagine conoscitiva sulle infiltrazioni mafiose in Umbria, condotta per quasi due anni dalla Commissione antimafia del Consiglio regionale, presieduta da Paolo Brutti, certifica che l'Umbria, "al pari di altre realtà regionali, è territorio ambìto dalle organizzazioni criminali di stampa mafioso che si sono già insediate in modo clandestino nel territorio, soprattutto quello perugino, facendo affari nei settori del riciclaggio di denaro sporco, degli appalti e del narcotraffico, senza per questo creare situazioni di dominio o di controllo totale del territorio che resta tipico di alcune aree del sud Italia".

La Commissione regionale evidenzia però "il rischio di sottovalutazione del fenomeno delle infiltrazioni mafiose da parte di istituzioni, partiti ed operatori, in particolare dei settori finanziario e del comparto edilizio".

Il presidente Paolo Brutti ha messo in particolare evidenza i settori in cui più opera la malavita, evidenziando quello predominante del riciclaggio di denaro sporco che in Umbria coinvolge enormi quantità di denaro liquido proveniente da "traffico di droga, armi ed esseri umani (prostituzione) e delle acquisizioni di attività economiche ad alto tenore di denaro liquido di provenienza illecita".

Secondo un rapporto della Dia, la Direzione nazionale antimafia (2010) l'Umbria è la quarta regione a rischio mafia fra quelle del nord Italia.
Assoimpresa ha denunciato la presenza nel territorio regionale di circa 40 reti usuraie, con 300 persone coinvolte.
La vigilanza contro tutte le mafie rimane però alta: la regione Umbria ha istituito una Commissione regionale antimafia per monitorare e contrastare eventuali infiltrazioni criminali e per dotarsi di strumenti utili alla lotta ed alla prevenzione contro la criminalità.
L'Umbria, prima fra tutte le regioni italiane, ha istituito una legge che stabilisce che il 21 marzo sia la “Giornata della Memoria e dell’Impegno” in memoria di tutte le vittime delle mafie.

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