ARTE, MUSICA & CULTURA
31 dicembre 2011
Il paesaggio degli aeropittori visto e raccontato dai cieli dell’Umbria
di Massimo Duranti
I futuristi umbri Dottori, Bruschetti, Angelucci e Preziosi hanno dipinto colline e fiumi volando con gli aeroplani, ma soprattutto con la fantasia.
Una delle più belle aeropitture di Alessandro Bruschetti (1910-1981), ma dell’intera produzione futurista di quella stagione, è senz’altro Acrobazie fra le nubi del 1934, un olio su tavola di grandi dimensioni di proprietà della Camera di Commercio di Perugia che lo acquisì nel 1935 in occasione della Mostra regionale del Sindacato Artistico dell’Umbria. Era stato esposto alla Biennale di Venezia del 1934 ed era stato salvato qualche decennio fa dal degrado di una soffitta della vecchia sede camerale da Lucio Secci, futuro Segretario generale dell’ente camerale. Bruschetti non sappiamo se abbia mai volato, anzi è improbabile che lo abbia fatto. E infatti il lago e il paese sopra i quali fanno acrobazie gli aeroplani fra le dense nubi del suo dipinto non hanno riscontri, se non vaghi, col Trasimeno e l’Umbria poiché sono idealizzati in un’ottica lirico-spaziale. Che sia un capolavoro lo scrisse l’ideatore principale dell’Aeropittura, Mino Somenzi, il quale scrisse nello stesso 1935: “Quando ho creato l’Aeropittura non avrei mai supposto che un pittore potesse interpretarla e renderla immediatamente in opera d’arte così come Bruschetti ha saputo fare con tanta spiccata personalità”. Il maestro di tutti gli aeropittori, Dottori, che pure idealizzò e trasfigurò tanti paesaggi, ma altri ne ritrasse verosimili, invece volava, non solo con la fantasia, ma con piccoli aerei; era il periodo del suo lungo soggiorno a Roma e sicuramente decollava dall’aeroporto dell’Urbe o da quello degli idrovolanti di Ostia e sorvolò certamente la sua regione, come si evince dalle memorie autobiografiche. Dunque, anche lui non decollò o atterrò con ogni probabilità mai da quello che fino all’altro ieri veniva denominato aeroporto di Sant’Egidio, le cui problematiche e prospettive sono oggetto del Forum di questo numero di “Obiettivo Impresa”, anche perché lo scalo era militare, realizzato per addestrare gli avieri e quindi difficilmente praticabile dai civili. Non è invece da escludere che Dottori possa aver volato su idrovolanti che partivano dal Lago Trasimeno (San Feliciano e Passignano). Lo stesso specchio d’acqua sul quale atterrò nel 1933 il mitico trasvolatore Italo Balbo, come ricorda Andrea Baffoni in Volavano sul Trasimeno piloti e pittori, nel catalogo della mostra Aerovisioni del Trasimeno, Edimond 2007, amico del futurista perugino, più volte da lui ritratto. Il Manifesto dell’aeropittura del 1928-1931, la cui genesi risale proprio a un volo di Mino Somenzi con Dottori, quest’ultimo intento a prendere appunti sulle sensazioni visive e mentali che si coglievano guardando il mondo dall’alto e in movimento, racconta di un viaggio sopra un ambiente naturale che assomiglia proprio a quello dell’Umbria. Ma la nostra regione è manifesta nelle espressioni, vicine alla poesia, proprie di un proclama futurista, in La mia pittura umbra, meglio noto come Manifesto umbro dell’Aeropittura che Dottori scrisse e pubblicò nel 1942 con prefazione di Marinetti. È lì che leggiamo espressioni sublimi sul nostro paesaggio: “Nelle mie peregrinazioni nella terra umbra mi accade di notare forme eleganti e vigorose di montagne originalissime pianure e colline fiumi laghi ammirevoli come “plastica” e ancora “L’Umbria predilige il cerchio la curva dolce le ascese che suggeriscono la spirale. Cosicché è nato spontaneo in me un paesaggio umbro circondante in cui costringo lo spettatore a porsi idealmente con me al centro dell’aeropittura…”. In realtà, Dottori manifesta molti anni prima la suggestione del volo e degli aeroplani, se è vero che nel 1917, mentre era in guerra, scrive una parolibera con lo pseudonimo di G. Voglio (Gerardo Voglio), intitolata Aeroplani, pubblicata su “L’Italia Futurista” del 24 giugno, dove esalta le sensazioni visive ed uditive del volare: “…Sospensione tensione perpendicolare…Intorno aeroplano indifferenza superiorità noncuranza…”. Gli aeropaesaggi di Dottori sono progressivamente dinamici: da Aurora Umbra del 1921 ricca di colline e luci, una visione di riposante serenità, a Primavera umbra del 1923 con un lago-occhio che ti mette al centro della narrazione, e un paesaggio circondante molto lirico, ma già dinamico, fino al Volo sul paese (A 300 km. Sulla città) del 1930 dove l’esasperazione aeropittorica fa avvitare su se stesso un paese che sta per sorvolare un gigantesco aeroplano. Il più giovane Bruschetti, come abbiamo visto nel dipinto della collezione camerale, è più costantemente lirico e trasfiguratore, come confermano Ritmi di cascate del 1932 e lo stesso Turbine del 1932 o Pioggia e sole del 1934, lasciando agli aeroplani, di pace più che di guerra, il compito di rendere la narrazione dinamica. A riprova che ciascuno dei futuristi umbri ha una sua personalità spiccata, e la lezione di Dottori rimane solo in sottofondo ai linguaggi, basta leggere anche i dipinti di Leandra Angelucci Cominazzini la pittrice futurista di Foligno, che in dipinti come Aeropittura paesaggio del 1932 o Aeropittura del 1938 usa un linguaggio di radicale visionarietà, più che di onirismo. Più realistico l’impianto aeropittorico delle opere di Giuseppe Preziosi, ternano, il quale sente l’urgenza socio-ambientale della sua città che traduce in belle aeropitture come Alto forno del 1936. Di quanto il volo (con riferimenti specifici all’aeroporto di Sant’Egidio) abbia significato nell’ambiente futurista umbro troviamo riscontro anche nelle liriche dell’aeropoetessa Franca Corneli, sia nel poemetto, Aeropoesia, dell’Angelucci pubblicato postumo.
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