VISIONI D'IMPRESA
Tessile Made in Umbria/1
Luisa Spagnoli, la “signora” della moda del Novecento
di Maria Luciana Buseghin
Luisa Sargentini Spagnoli, in fabbrica semplicemente la “signora Luisa”, è tutt’ora quasi un mito sia nelle aziende di cioccolato e di confezioni d’angora cui è legata la sua attività imprenditoriale, e anche più largamente la sua vita, che nella stessa città di Perugia. Si parla di lei come di una «donna d’eccezione», proprio come la definì «nel 1935 Giovanni Buitoni, a lei legato da uno stretto sodalizio professionale e da un lungo rapporto sentimentale » (1) per cui Luisa nel 1923 aveva messo in crisi il suo matrimonio e il suo rapporto societario in “La Perugina – Cioccolato e confetture” con il marito Annibale Spagnoli, sposato nel 1922 e da cui ebbe tre figli: Mario, Armando e Aldo.
Donna volitiva e tenace, ma anche assai dotata di fantasia creativa, che ben si armonizzava con il talento imprenditoriale brillante e spregiudicato di Giovanni, più giovane di lei di alcuni anni, Luisa costituì il nodo di congiunzione e scambio tra le due aziende di cui la Perugina, nata nel 1907, ricoprì il ruolo di scuola di imprenditorialità per la più giovane “Angora Luisa Spagnoli”, scuola peraltro unica ed esclusiva nel contesto regionale umbro (2). Entrambe le imprese erano caratterizzate da grande dinamismo, capacità di precorrere i tempi in risposta alle richieste della classe media italiana e da una particolare forma di filantropia aziendale connessa all’elevata intensità di forza lavoro femminile utilizzata, al modello di operaia e di welfare che si andava affermando proprio in quel primo quarto del Novecento.
La gestione delle due aziende ha previsto svariate forme di assistenza e di socializzazione per i dipendenti, e in particolare alla “Luisa Spagnoli”: colonie marine e montane nella stagione estiva, doti per nozze delle giovani operaie, asilo nido e sussidi per neomadri e per lutti o gravi malattie, distribuzioni di vestiario per Natale, mensa aziendale e servizio di ristoro nei reparti, dopolavoro e, negli anni Cinquanta, anche piscina e supermercato aziendale per «i dipendenti che potevano acquistare la merce in fabbrica mediante buoni, con ricevute a scalare dalla busta paga»; nel 1936 è stato anche istituito dalla Perugina il “Fondo di beneficienza Luisa Spagnoli”.
Rientra nella stessa concezione la costruzione della Città dell’Angora ideata e fondata nel 1947 dal figlio Mario – che negli anni ’60 fonderà il parco giochi della «Città della Domenica», originariamente chiamato «Spagnolia» e ancor oggi meta di visitatori - attorno a cui nacque una comunità autosufficiente, in cui la parte assistenziale e ricreativa era fase del ciclo produttivo (3). Tra la seconda metà degli anni Venti e gli inizi dei Trenta la Spagnoli ideò e condusse, con l’aiuto di alcune giovani colone che lavoravano alla Villa di Santa Lucia, il primo allevamento e selezione di conigli per la produzione di lana d’angora all’interno del Giardino avicolo Santa Lucia, e il primo laboratorio sperimentale per la lavorazione della fibra e la produzione di capi con telai da maglieria in locali e con la manodopera di dipendenti della Perugina: esemplari di conigli d’Angora partecipano alla Fiera di Milano nel 1930 e fibre e prodotti vengono presentati alla I Mostra Nazionale dell’Artigianato di Roma nel 1932.
A Luisa si deve l’ideazione e/o il perfezionamento di passaggi fondamentali nel processo produttivo, quale la filatura a mano della fibra con l’arcolaio, mentre altri, quale il trattamento per la levigatezza della lana di coniglio perché non si perdesse fibra da filati, tessuti e maglie, e alcune importanti innovazioni negli strumenti, si devono al figlio Mario che inventò e brevettò, nel 1942, un pettine per la raccolta della lana e una pinza per tatuare i conigli d’angora, oltre a mettere a punto una speciale conigliera (e, naturalmente, questi preziosi aiuti per l’allevatore furono messi in vendita).
Lo sviluppo industriale si afferma tra 1937 e 1940, anno in cui nasce la “Angora Luisa Spagnoli”, maglificio e ditta di confezioni innovative per il gusto, l’eleganza e la praticità dei capi e Mario Spagnoli pubblica un manuale per gli allevatori dei conigli dai quali arrivano regolarmente all’azienda pacchi postali di pelo di cui le operaie fanno cernita e valutazione per poi passarlo alla filatura (4). Nel 1939 l’Azienda si trasferisce in un fabbricato della Perugina a Fontivegge: distrutto questo nel 1944, nel dopoguerra viene allestita una nuova sede a Santa Lucia, inaugurata nel 1947, per la ditta che amplia la sua produzione e cambia ragione sociale nel 1952 divenendo “Luisa Spagnoli Confezioni a Maglia s.r.l.” e solo nel 1967 si trasformerà in società per azioni. Lo svolgimento dell’intero ciclo produttivo – filatura, tintura, confezione e rifinitura dei capi che vengono progettati dallo “Studio Creazioni” – e la diversificazione della produzione portano, nel quadro del boom economico degli anni Sessanta, a uno sviluppo e ad un’affermazione nazionale e internazionale, veicolata da una rete di negozi diretti, sul modello di quelli della Perugina, raffinati e tutti uguali nella varie città italiane - che promuovevano l’immagine aziendale e il rapporto diretto col marchio da parte del consumatore - e di altri, curati da una rete di agenti, in Usa e in Germania.
Il segreto del successo dei modelli della “Luisa Spagnoli” stava nella loro originalità ed essenzialità delle linee, dovute a un taglio che riprendeva quello della haute-couture, alla qualità e innovatività dei tessuti (angora, angolmere, merinfleur, organzino) prodotti in tante nuances diverse, alla accuratezza delle rifiniture e degli accessori (cinture, bottoni, fibbie) prodotti in proprio e a una politica di prezzi contenuti. Caratteristica del processo produttivo ancora all’epoca una forte presenza di lavoranti a domicilio, singole o in gruppo, che lavoravano in casa, in conventi, parrocchie e nel carcere femminile (5).
Lino Spagnoli, figlio di Mario, amministratore delegato dell’Azienda dal 1960, infatti, attua una strategia che prevede il decentramento produttivo, oltre a «considerevoli investimenti in tecnologia, il passaggio dal metodo di lavorazione a capo completo alla catena di montaggio e il potenziamento della rete dei negozi diretti in Italia» (6), mentre quelli all’estero vengono progressivamente chiusi: le stesse linee caratterizzano il decennio successivo insieme al contenimento dei prezzi. Scomparso Lino nel 1986, i figli Nicoletta e Mario ne ereditano l’Azienda e gli indirizzi strategici nella produzione e nella commercializzazione, applicando l’innovazione tecnologica anche all’intera struttura che gestisce la logistica dei capi, dall’immagazzinamento alla spedizione dei capi, oltre che nella gestione amministrativa e nella progettazione dei modelli; tra gli anni ’80 e ’90 viene rinnovata l’immagine dei negozi e si torna a fare pubblicità anche mediante l’esposizione permanente realizzata nella sede aziendale, continuamente aggiornata (7).
Su Luisa Spagnoli leggi anche su questo sito Museo Luisa Spagnoli
Note
(1) Barbara Curli, Dalla Perugina all’Angora: Luisa Spagnoli, pp.198-207 in Donne imprenditrici nella storia dell’Umbria. Ipotesi e percorsi di ricerca, FrancoAngeli, Milano, 2005, a cura di Barbara Curli, pp. 199 e 201-204.
(2) Giampaolo Gallo, Tipologia dell’industria ed esperienze d’impresa in una regione agricola, in Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità ad oggi, L’Umbria a cura di Renato Covino e Giampaolo Gallo, 1989, p. 446.
(3) Barbara Curli, Dalla Perugia, cit, p. 205 e Valerio Corvisieri, Una famiglia di imprenditori del Novecento. Gli Spagnoli da Assisi a Perugia (1900-1970), Perugia, Grafica Salvi & C., 2001, pp.188-189, 191, 210, 239 e sgg.; assai interessante anche quanto scrive Corvisieri sull’azienda agraria e la concezione di “industria dell’agricoltura” di Mario Spagnoli: pp. 221-238.
(4) Corvisieri 2001, pp.72-73, 80-81, 129- 130, 191-192. Mario Spagnoli, L’allevamento e la lana del coniglio Angora, Milano, Hoepli, 1940.
(5) Corvisieri 2001, pp. 128, 163, 172-173, 186-187, 191-193, 210.
(6) Corvisieri 2001, pp. 211-212.
(7) Luisa Spagnoli. L’esposizione permanente, s.n.t., s.d. (testi di Valerio Corvisieri, progettista e curatore dell’esposizione), pp. 41, 53, 57.
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